“A seno nudo per scuotere

Ha chiuso con la tv licenziandosi dall’ABC a Melbourne, ha fatto i bagagli ed è partita per l’Ucraina, terra della nonna materna. Il Paese dove è nato nel 2008 il movimento femminista più irriverente di questi ultimi anni e che Kitty Green, filmaker australiana, ha incontrato dopo un mese di ricerche sulle proprie origini, a Kyiv: «Ho letto che avrebbero protestato alla fontana di piazza Indipendenza» ha raccontato la Green.  

 

«Lo slogan era “Niente acqua nei nostri lavandini! Verremo a lavarci nella fontana!”». La mattina dopo era alla dimostrazione con la reflex e da quel momento l’incrocio con le Femen è stata prima un’esperienza di vita, poi un film, il suo debutto in regia: «Femen - L’Ucraina non è in vendita», presentato a Venezia e alle 21 in anteprima al Cinema Fratelli Marx (biglietto 7,50 euro) a cura di Aiace e Slow Cinema. A incontrare il pubblico ci sarà una delle leader del movimento, Natasha Shevchenko. 

 

Insieme per 14 mesi
 

Il docu-film che ha riportato le femministe ucraine in topless in Italia, in Laguna, dopo le proteste precedenti contro il papa e Silvio Berlusconi, è lo scorrere di fatti e racconti di manifestazioni in 100 piazze nel mondo, sul significato che le ribelli danno alla loro azione contro il patriarcato, il turismo sessuale, il maschilismo, la sottomissione delle donne, la prostituzione e l’ingerenza conservatrice della Chiesa ortodossa: «Il nostro dio è donna. La nostra missione è protestare. Le nostre armi il seno nudo». Sintetico il manifesto che passa sotto i frame delle dimostranti, urlanti «l’Ucraina non è in vendita» sotto la Tour Eiffel - il movimento ha il suo quartier generale a Parigi - a Londra o Varsavia. 

 

Il documentario apre poi un dibattito parallelo, invita le ragazze a domandarsi cosa sarebbero se non fossero più «femen»; o a discutere con il mondo della loro bellezza diffusa: «Siamo donne in ottima forma fisica, dobbiamo saperci muovere, correre quando serve». Belle per scappare, anche se a volte non basta, la stessa Green ha subito un sequestro ad opera del Kgb durante una manifestazione in Bielorussia e le attiviste sono state portate in una foresta al confine con l’Ucraina, spogliate e picchiate, ha testimoniato la regista. Eppure non ha mollato, le ha ascoltate, riprese, condiviso la vita sgangherata nei rifugi a Kyiv. Non si è tirato indietro nemmeno l’operatore, Michael Latham.  

 

I dubbi sull’indipendenza
 

La critica più dura del film, proprio durante la crisi ucraina, è porre dei dubbi sul sistema di reclutamento delle Femen, sulla gestione mediatica manageriale delle loro attività e sul ruolo del faccendiere ucraino Viktor Sviatski, indicato come il consulente politico iniziale del gruppo. Ma sulla «base», la Green non indietreggia: femministe coraggiose, disposte a finire in carcere e a essere maltrattate, in lotta con le loro famiglie.  

 

Cinema Fratelli Marx
 

Corso Belgio, 53
 

Tel. 011/812.14.10
 

Via: lastampa.it


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The mission of the "FEMEN" movement is to create the most favourable conditions for the young women to join up into a social group with the general idea of the mutual support and social responsibility, helping to reveal the talents of each member of the movement.

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