Il suo topless su Facebook nel 2013 è diventato il simbolo di una generazione che, dopo aver partecipato alla Primavera araba, cerca di percorrere fino in fondo la strada della libertà. Poi Amina Sboui, nota anche come Amina Tyler, 19 anni, si è allontanata dal movimento delle Femen che aveva abbracciato in un primo momento e ha vissuto eventi tragici. È stata in prigione e da lì ha continuato la sua battaglia di giustizia. Ora vive a Parigi dove cerca di condurre un’esistenza normale dopo il ciclone che l’ha travolta. E proprio la città in cui vive è stata sconvolta dal terrorismo islamico. «La libertà non ha limiti. Quel che fanno a Charlie Hebdo non lo fa nessun altro giornale in Francia, sono i soli che osano. Personalmente rispetto molto il lavoro e lo trovo fonte d’ispirazione», ha dichiarato la giovane tunisina all’Ansa in occasione dell’uscita della sua autobiografia Il mio corpo mi appartiene pubblicata in Italia da Giunti.
NON HA PARTECIPATO ALLA MANIFESTAZIONE DELL’11 GENNAIO
Nonostante questo Amina non ha partecipato alla grande manifestazione dell’11 gennaio: «Non posso camminare dietro Netanyahu, la Merkel, il re di Giordania», ha spiegato la 19enne che nel suo libro ripercorre le tappe di quello che è stato un caso internazionale ma è anche la storia intima e drammatica di una ragazza ribelle rimasta delusa dalla politica del suo Paese, dalla sua famiglia, dai suoi affetti più cari. E che non vuole tacere. Così descrive in modo molto duro la madre: «Le donne del mondo arabo sono più rigide perché hanno vissuto il sessismo, il patriarcato e l’ingiustizia. Questo le spinge a essere più prudenti, a desiderare che le loro figlie facciano senza discussioni quel che la società impone. Anche mia madre è fatta così. A tutte loro io consiglio di parlare, di non abbassare la testa, di essere forti».
«L’ATTACCO A PARIGI COMPLICA LA VITA AI MUSULMANI IN EUROPA»
Amina ha condannato i killer di Parigi che hanno agito per difendere i musulmani: «È scioccante e doloroso. L’avranno pur fatto per difendere i musulmani, ma anch’io domani potrei commettere un gesto orribile e dire che lo faccio per difendere una qualunque comunità. Non hanno vendicato il profeta. Hanno solo complicato la vita dei musulmani in Europa», ha detto Amina che comunque continua a sentirsi al sicuro nella Capitale francese.
«LE PRIGIONI EUROPEE SONO CAMPI DI ADDESTRAMENTO»
Secondo la giovane per evitare episodi del genere e aiutare il dialogo «isognerebbe sorvegliare le moschee e anche le persone che sono state incarcerate». Perchè le prigioni in Europa «stanno diventando campi di addestramento, molti dei comportamenti cui stiamo assistendo oggi sono maturati in carcere», ha concluso Amina che sta frequentando il liceo e in futuro vorrebbe scrivere un secondo libro, ma anche fondare un movimento e avviare in Tunisia un progetto per le donne che escono di prigione.
Via: letteradonna.it
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