In un'intervista rilasciata via Skype al sito Femen.org, Amina ha raccontato di essere stata rapita nei giorni successivi alla sua protesta su Facebook, mentre si trovava con alcuni amici, da alcuni parenti (uno zio ed un cugino) che l'hanno caricata a forza su una autovettura e, dopo averle preso il telefono cellulare e spezzato la carta Sim, l'hanno portata nell'abitazione di una zia. Qui, ha detto, sono stata picchiata e ho incontrato trecento persone che hanno cercato di convincermi che avevo sbagliato e che dovevo leggere il Corano. Poi, ha aggiunto, mi portavano tutti i giorni da un imam che mi parlava della religione.
La seconda tappa, ha riferito ancora Amina, è stato un villaggio dove sono rimasta sequestrata per due settimane. "Ho anche provato a fuggire - ha spiegato -, cercando di farmi prendere in macchina da qualche automobilista di passaggio, ma nessuno mi ha riconosciuto e per questo venivo subito dopo ripresa (da coloro che l'avevano sequestrata, ndr)". "Mi hanno dato forti dosi di medicinali - ha quindi spiegato - per farmi dormire per tutto il giorno". Amina ha anche detto che le dichiarazioni rese a Canal+ (contro le Femen, perché le attiviste hanno bruciato una bandiera salafita, e per rivelare la sua intenzione di lasciare la Tunisia) erano state "forzate".
Nonostante la dura esperienza, la ragazza ha sostenuto: "Non lascerò la Tunisia prima di fare una nuova protesta in topless", assicurando che continuerà la sua battaglia per i diritti delle donne. Ora Amina, una volta fuggita da casa sua, si trova in un luogo segreto. "La mia famiglia ha già cominciato a cercarmi", ha detto la giovane. La madre ha raccontato che la ragazza si è allontanata da casa di nascosto venerdì e di non avere più notizie di lei da quel giorno.
Via: tgcom24.mediaset.it
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