Vi abbiamo già rivelato dove: nell’ospedale pubblico “Razi Mannouba” che è al centro di Tunisi. Dice di averla affidata al medico che l’ha in cura. Ma è la stessa Amina a raccontare la verità. Una delle fondatrici del movimento, Inna Shevchenko, è riuscita a contattarla via skype. La ragazza, visibilmente scossa, dice di essere fuggita dopo il rapimento e le torture subite dai familiari che le avrebbero somministrato sedativi e psicofarmaci. L’avrebbero picchiata, sottratto il cellulare, distrutto la sim card. “Mi hanno anche fatto incontrare un imam che mi ha obbligato a leggere il Corano”, dice. Nel video la ragazza accusa anche la polizia: “Mi sta cercando insieme alla mia famiglia per catturarmi di nuovo”.
Amina racconta di essere stata caricata a forza sull’auto da un cugino e uno zio, mentre si trovava con amici. L’hanno portata a casa di una zia, dove è stata picchiata e le è stato fatto il lavaggio del cervello, dice. La seconda tappa, ha riferito ancora Amina, è stato un villaggio dove è rimasta sequestrata per due settimane. “Ho anche provato a fuggire – ha raccontato -, cercando di farmi prendere da qualche automobilista di passaggio, ma nessuno mi ha riconosciuto e per questo venivo subito dopo ripresa. Dormivo tutto il giorno, mi davano forti dosi di medicinali”.
Amina ha anche detto che le dichiarazioni rese a “Canal+” , in cui criticava le Femen per aver bruciato una bandiera salafita e rivelato l’intenzione di lasciare la Tunisia , erano state estorte con la forza. Lo dimostrerà con una nuova sfida: “Non voglio lasciare la Tunisia prima di aver fatto una protesta in topless. Voglio continuare la lotta che abbiamo iniziato e poi andarmene”. Al di là della fatwa lanciata dagli integralisti, la ragazza potrebbe essere denunciata per oltraggio alla morale, un reato punibile in Tunisia con sei mesi di prigione. “Fuck your morals” ha risposto, senza paura.
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