Amina Sboui mi dà appuntamento in un piccolo caffè di Tunisi. Con due amiche parla di libri, femminismo e politica. Esse si conoscono da molti anni. "Andavamo insieme ai concerti rock", dicono. A cinquanta metri dal bar una scritta: "Non ci fate paura. Se la rivoluzione è un reato, allora siamo criminali ", firmato "Feminism Attack". "Siamo noi! Ti piace la scritta? "chiede con orgoglio una delle amiche di Amina.
Spontanee e alla ricerca di punti di riferimento, Amina e le sue amiche sognano di "abbattere il sistema." Ormai la ragazza di 19 anni è contro qualsiasi partito politico. "Il problema non è Ennahdha o Rached Ghannouchi. Il problema è l'intero sistema", dice.
Come s' è appreso in seguito alla pubblicazione d'una sua foto a seno nudo su Facebook, Amina è stata arrestata a Kairouan il 19 maggio 2013, dopo aver scritto la parola Femen sul muro di un cimitero. Diversi gli interventi del movimento femminista, per sostenerla. Il 29 maggio tre attiviste Femen straniere sono stati arrestate per una protesta in topless davanti al Palazzo di giustizia di Tunisi. Quasi un mese dopo sono stati condannate a 4 mesi con la condizionale e costrette a lasciare la Tunisia . Rilasciata il 1° agosto, dopo più di due mesi di prigione, Amina ha infine deciso di abbandonare il movimento Femen, ritenendolo "islamofobo" e finanziato "in maniera dubbia". Non ha però abbandonato la "sua" causa. Il 15 agosto ha pubblicato, sui social network, una sua nuova foto in topless. "In topless col simbolo anarchico", precisa lei. Amina sorprende sempre. Ecco il testo dell'intervista.
Perché hai deciso di lasciare il movimento Femen?
Non so come il movimento è finanziato. L'ho chiesto più volte a Inna (Inna Shevchenko, leader ucraino del movimento, ndr), ma non ho mai avuto risposte chiare. Non voglio essere in un movimento dove c'è denaro di provenienza dubbia. E se era Israele a finanziare? Voglio sapere. E poi non voglio che il mio nome sia associato a un'organizzazione islamofoba. Non ho apprezzato la protesta delle ragazze, quando hanno gridato "Amina Akbar, Akbar Femen" davanti all'ambasciata tunisina in Francia o quando hanno bruciato la bandiera del Tawhid davanti alla moschea di Parigi. Ciò ha offeso molti musulmani e molti dei miei parenti. Bisogna rispettare la religione di ciascuno.
Erano però gesti a tuo sostegno, quando eri in prigione. Non li hai considerati tali?
Le ringrazio d'avermi sostenuto. In particolare Josephine, Margaret e Pauline, che son dovute andare in prigione. Ci sono state delle azioni buone, ma non tutte. Avrebbero dovuto consultarsi con i miei avvocati prima di fare certe cose. Ciò ha peggiorato la mia situazione. Un altro capo d'imputazione, quello di "associazione a delinquere", mi è stato contestato, mentre ero in carcere.
Hai comunicato alle Femen la decisione di lasciare il movimento?
No. Esse forse non gradiranno, ma le cose stanno così.
Hai dunque deciso di lasciare le Femen ma hai postato una tua foto in topless appena 4 giorni fa...
Sì, una foto in topless con la A cerchiata, simbolo anarchico. È diverso.
Feminism Attack, un movimento che sostiene il femminismo e l'anarchia. È il movimento, cui appartieni adesso?
A dire il vero, non faccio ancora parte di Feminism Attack. Ci sto pensando ancora. Ma sai, per me il problema in Tunisia non è il partito Ennahdha o la persona di Rached Ghannouchi (leader di Ennahdha, ndr), il problema è l'intero sistema. Se domani governasse uno dei partiti di opposizione, sarebbe la stessa cosa. Il mio problema non è il poter indossare qui una minigonna. So che lo potrò sempre fare. Ma che un domani una donna possa diventare presidente della Repubblica, che nelle zone rurali le donne non siano quelle che soffrono di più.
Come definisci l'anarchia, per la quale vuoi combattere d'ora in poi?
L'anarchia non è il caos come alcuni pensano. Anarchia non vuol dire abbattere tutto, ma abbattere il sistema. Naturalmente, se un poliziotto spara a qualcuno, non reagisco, offrendogli un libro. Il ricorso alla violenza, a volte, è necessario.
Hai già programmato qualcosa con Feminism Attack?
Abbiamo idee, ma stiamo ancora riflettendo. Comunicheremo gli interventi al momento opportuno.
Torniamo ai due mesi e mezzo di carcere. Come li hai vissuti?
Pensavo di doverci restare sette anni! Ho cercato di creare un mio mondo proprio. Ho vissuto in collegio, quindi non vedevo molta differenza. L'unica cosa che m'imbestialiva era il non poter leggere.rivato della lettura. Il secondo giorno di detenzione ho fatto una lista di quattro libri. Sono uscita di galera e non li avevo ancora ricevuti!
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Via: huffingtonpost.it
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