«Mi hanno rasato le sopracciglia e i capelli dicendomi che non merito la bellezza che Allah mi ha dato. Mi hanno detto: puttana, ti violentiamo e Allah ci ringrazierà per questo». Amina, ex membro del gruppo femminista Femen, diventata il simbolo della protesta laica contro l’integralismo islamico, non si sente al sicuro neanche a Parigi. Sul suo profilo Facebook, la giovane donna tunisina, di neanche vent’anni, ha raccontato i brutti momenti vissuti domenica, di prima mattina, intorno alle 6.15, mentre rientrava a casa in metropolitana. Si trovava nella stazione di place de Clichy, quartiere di Pigalle, quando un uomo, «un tunisino», le si è avvicinato prendendole la mano e facendo finta di congratularsi con lei per le battaglie che porta avanti in favore delle donne. Ma l’uomo ha cominciato a tirarla, obbligandola a seguirla fuori dal metrò. Qui c’erano altri quattro uomini ad aspettarla. «Per strada mi hanno afferrato la testa e hanno cominciato a rasarmi le sopracciglia con una lama di rasoio», ha raccontato Amina agli agenti del commissariato del 18° arrondissement. I cinque uomini hanno minacciata di stuprarla. Lei li ha «supplicati» di lasciarla andare, promettendo in cambio di «tornare a essere musulmana»: «Ho dovuto recitare alcuni versetti del Corano perché mi liberassero - ha scritto nel suo post - Alcuni testimoni mi hanno visto gridare ma non hanno reagito». A suo dire gli aggressori, che portavano la barba ma non i baffi, sono «salafisti»: «Conosco abbastanza gli islamisti per poterlo affermare con certezza». Nel selfie che ha pubblicato su Facebook, appare senza le sopracciglia. I capelli sono molto corti, ma già da diversi mesi li porta così. Gli aggressori sono riusciti a rasargliene solo un po'. Ha alcuni segni leggeri sulla fronte, ma non è ferita. La giovane ha sporto denuncia per aggressione di gruppo. Le immagini registrate dalle telecamere di sorveglianza della metropolitana saranno visionate. Amina Seboui è arrivata a Parigi neanche un anno fa, il 28 agosto 2013, con un visto da studentessa, per fuggire il suo paese dove si sentiva minacciata. Nel 2013 ha lanciato la sua sfida alla Tunisia più conservatrice, pubblicando alcune sue foto a seno nudo su Facebook, proprio come fanno le attiviste Femen. Un gesto che ha scandalizzato e offeso molti tunisini. Il 19 maggio l'arresto a Kairouan (150 km a sud di Tunisi), dove era andata a denunciare un raduno salafista, per aver scritto la parola «Femen» sul muro di un cimitero. Per questo è rimasta in carcere più di due e mesi e mezzo e l’opinione pubblica internazionale si è mobilitata per lei. Poi, alcuni giorni dopo l'uscita di prigione facendo con le dita la V di vittoria (era il 1° agosto 2013), la giovane, spiazzando tutti, annunciò di aver rotto col movimento femminista, accusando la capofila Inna Shevtchenko, e le sue compagne, di «islamofobia».
Via: gazzettadiparma.it
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