C’era una volta La Matta…come Amina Tyler

Lei si chiama Amina Tyler, professione studentessa tunisina, 19 anni,  deliberatamante “arruolata” nel movimento Femen, come pochi giorni fa  si raccontava in  un’ intervista della  giornalista Federica Tourn su  Vanity Fair, che in ogni caso copio incollo più avanti. Dapprima era stata reclamata per questa ragazza, dai predicatori musulmani, la lapidazione…con in testa l’  integralista Adel Almi, poi si è passati a una fatwa su di lei : si era messa a seno nudo,  e l’ ha fatto usando Facebook.

Poi il silenzio ma  Articolo21 dichiara: ” Ora sappiamo dov’è grazie alle informazioni che ci sono giunte confidenzialmente da Tunisi. Questo è il messaggio:  “Amina internata nell’ospedale psichiatrico Razi Mannouba della capitale. Non c’è più il pericolo della lapidazione, ma è stata dichiarata pazza per il gesto inconsulto fatto in Paese islamico. Da paura il metodo che ad oggi adottano: elettro shock. Molti entrano per nulla ed escono folli per la vita. Un medico mio amico sta tentando di saperne di più ma è molto difficile. Peccato davvero. Se ci sono novità, ti faccio sapere”. Sembra che sia stata la stessa famiglia della ragazza, che ha solo diciannove anni, a consegnarla alla polizia. Scongiurato il rischio della morte, l’attende ora un destino forse ancora peggiore: diventare pazza. E’ la legge scellerata di tutti i regimi. Gli oppositori o comunque i nemici si uccidono oppure si dichiarano folli perché secondo la perversa tesi dell’estremismo da sana non avrebbe mai potuto commettere un atto simile. Sicuramente, più che per la foto, la condanna è arrivata per quello che ha postato su Facebook: “Il mio corpo mi appartiene e non è di nessuno” scritto in arabo sul suo corpo nudo. Del resto gli Imam salafiti al termine di un processo religioso che in un Paese dove vige la sharia ha tutti i connotati anche legali avevano chiesto nell’ordine: la quarantena (trattandosi a loro dire di una malattia che potrebbe divenire epidemia e quindi potenzialmente coinvolgere altre ragazze), la fustigazione (dieci frustate alla schiena, magari in pubblico, per dare l’esempio) e infine la lapidazione: “finchè morte non sopraggiunga”. Già, una malattia. Il morbo della libertà: pericolosissimo.”

Allora mi è venuta in mente La Matta. Vi ricopio questi miei ricordi personali che scrissi alcuni anni addietro…Avevo diciotto anni quando mia nonna, una persona umile e un po’ bislacca, mi chiese di andare a trovare una sua amica in manicomio, ci stava chiusa da anni, da quando aveva sentito le voci: erano i due piccoli figli morti per la pandemia dell’epoca, una spagnola che tradiva qualunque amore.  E il marito padre , pensò bene che l’unica cura era fargliele sentire le voci tra altre mura, che non quelle di casa. Uscì da lì solo quando era morta e forse è stato meglio così, le porte le avevano ormai aperte ma lei aveva paura, non più di quello che aveva dentro ma di quello che c’era fuori. Fu così che entrai a Santa Maria della Pietà a Roma e vidi un bambino che sembrava un pinocchietto, fare su e giù, in moto perpetuo sopra una sedia e certi aggirarsi e altre dietro a una rete. Lei era dentro, arrivò nella stanza, nuda e squallida ma con un bel crocefisso attaccato, era grossa al punto che non sapevo da dove cominciare a guardarla…e mi disse ti manda Pia? Mi chiese che facevo, gli anni e poi come era il cielo fuori, non volle niente perchè aveva paura che glielo avrebbero preso le altre, ma lo specchietto si, lo nascose tra le mani, in una sacchetta tra stoffa e carne e mi disse quello che faceva, le pulizie, i pasti…arrivò poi un’ inserviente, era una lontana cugina di mia nonna, assunta perchè il padre l’avevano ammazzato di notte con una spranga del letto, era solo in corsia…

Non passa mai questa Malattia e guai a chi non si “contiene”. Le Femen e chi le sostiene  hanno indetto una manifestazione internazionale, Free Amina, il 4 aprile: si protesterà  di fronte alle ambasciate tunisine di tutto il mondo.Quando sarà riaperta La Porta delle Donne e perchè una Porta solo per loro?

Doriana Goracci

p.s. Non appena ho pubblicato, un amico su Facebook, Gino Pino, mi ha fatto notare alcune cose e di una certa importanza, come ad esempio che è stata nominata in difesa della ragazza, un avvocato molto noto in Tunisia per la difesa dei diritti delle donne: il suo nome è Bochra Belhaj Hmida. Smentisce qualunque processo e l’ internamento in manicomio che ho riportato da Articolo21 del 1 aprile a firma di Pino Scaccia. Leggendo vari post peraltro tutti in lingua francese, ne ho scelto uno che in qualche modo rispecchia l’ opinione che mi sono fatta e il motivo della mia pubblicazione…questo è il link http://www.elle.fr/Societe/News/Tunisie-l-avocate-d-Amina-dement-sa-disparition-2412602. Nell’ articolo si sostiene che Tyler Amina non è scomparsa, che è un simbolo della lotta per la condizione delle donne in Tunisia come ha sostenuto Bochra Belhaj Hmida che assicura che è “a casa” e che sta bene. Ha anche negato il suo rapimento e l’internamento in un ospedale psichiatrico, come aveva invece dichiarato la giornalista Caroline Fourest. Allora perché il silenzio improvviso di Amina Tyler per diversi giorni? Senza rivelarne le ragioni,la signora Belhaj Bochra Hmida con ” una frase enigmatica sulla sua pagina Facebook” spiega: “A volte bisogna ricordare che c’è un essere umano che è più importante della” causa “.
Ma siccome nell’ articolo si insiste che “Stiamo semplicemente chiedendo di sentire e vedere” quella giovane donna che si era a lei rivolta per la sua difesa in quanto oggetto di diverse minacce di morte dopo la pubblicazione di fotografie in cui lei appare in topless, la saggista Caroline Fourest sostiene che è “la prova che la famiglia [Amina ndr] controlli e si senta controllata”, scrive…”Noi insistiamo: siamo ancora senza notizie di lei e nessun giornalista è stato in grado di parlare faccia a faccia con lei per avere conferme che è libera di muoversi. Abbiamo semplicemente chiesto di ascoltarla e vederla. Perché è così difficile da ottenere se tutto va bene?”
Chiunque ritenga di darmi e darci notizie, è pregato di farlo su questo blog,partecipativo non a caso, commentando e documentando. Grazie.

 

«Mi minacciano, non ho paura» Dov’è ora Amina?

…Ecco quello che ci ha raccontato nella kasba di Tunisi, poco prima di sparire nel nulla. E di diventare un caso internazionale, simbolo della lotta della donna araba contro l’oscurantismo religioso.Amina, quando le è venuto in mente di spogliarsi?
«Ho visto le foto delle Femen su Internet, a luglio. All’inizio non sapevo nemmeno chi fossero, ma quello che facevano per testimoniare la libertà femminile mi è piaciuto moltissimo».
Quindi, che cosa ha fatto?
«Ho contattato il gruppo tedesco e quello ucraino e ho chiesto che cosa dovevo fare per unirmi a loro. Mi hanno risposto di cominciare con una foto e un piccolo messaggio in inglese e in arabo su Facebook: l’ho postata, e mi hanno subito “condivisa”».
La Tunisia non è la Germania: che significa per lei mostrarsi nuda?
«Che la donna è arrivata al massimo dell’autodeterminazione: non obbedisce più ad alcuna autorità, né familiare né religiosa. Sa quel che vuole e prende da sola le sue decisioni».
Le prime reazioni, in patria?
«Mi hanno scritto di tutto: che lavoro per il Mossad, che sono una puttana e insulti vari. Ho ricevuto minacce di morte, ma anche incoraggiamenti a continuare e complimenti per il mio coraggio».
Qualcuna l’ha seguita?
«Ci sono altre ragazze che si preparano a uscire allo scoperto. In Tunisia siamo pronte ad avere un gruppo di Femen».
Ne ha parlato con le sue «colleghe» europee?
«Sì, e prepariamo azioni più radicali. Farò presto una manifestazione in strada, qui a Tunisi, con altre Femen che verranno dalla Germania o dalla Francia. Sarà una cosa rapida, cercheremo di scappare subito dopo: la polizia in Tunisia non si comporta come in Europa, se mi prendono sono capaci di picchiarmi o di violentarmi».
Non ha paura?
«No, non sarà peggio della condizione in cui noi donne siamo costrette a vivere tutti i giorni».
Quale condizione?
«Sin da piccole ci dicono di restare calme, di comportarci bene, di vestirci in un certo modo, tutto per trovare un marito. Dobbiamo anche studiare per poterci sposare, perché i giovani di oggi vogliono una moglie che lavora».
La sua famiglia la sostiene?
«Mia madre e mia sorella sono musulmane praticanti e portano il velo. È vero, non approvano. Ma sono preoccupate per me».

Per promuoverne la liberazione, Femen Francia ha lanciato la campagna #FreeAmina, raccogliendo foto da tutto il mondo di sostenitori a petto nudo. Anche uomini.
(27/03/2013 10:16)

 

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Via: reset-italia.net


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