Sono solo tre, qualche anno fa, a Khmelnitskji, 300.000 abitanti e due reattori nucleari, ad incontrarsi in una realtà socio culturale che è quella lasciata dalle macerie dell'ex Unione Sovietica e dai disastri del successivo capitalismo selvaggio. Tre donne che si vedono per discutere di modernità, di capitalismo, di Marx, e, tanto per cambiare, della donna. Ne emerge un quadro oscuro e fosco, per nulla dissimile nelle diverse immagini a quello che ha portato all'impegno ed alle lotte civiche ad es. della nostra Maria Montessori, o quello parigino della Simone de Beauvoir.
È un segno palese ed indiscutibile. Se infatti il femminismo occidentale può vantare una strordinaria presa di coscienza di sé proprio grazie a "Le deuxième sexe" che si è tradotta positivamente sia nella cultura che nella società e nella legislazione con la conquista del diritto allo studio - uno degli araldi fu proprio la Montessori - ed alla partecipazione politica - qui l'emblema principe è ovviamente la de Beauvoir - d'altro canto è sempre più evidente che si tratta delle conquiste del mondo più "progredito" e che altre realtà, la maggior parte, sono rimaste del tutto impermeabili al fenomeno.
Di più: basta leggere un libro recente, "Fimmine ribelli" di Lirio Abbate, per costatare come in larghe fasce dello stesso mondo Occidentale, compresa l'Italia, si sia potuto assistere invero ad una inversione di tendenza, ad un tornare in auge in nome di un presunto moralismo purista di tendenze sociali segregazioniste. Del resto già la vicenda "Ruby" aveva palesemente mostrato quanto la morale vottoriana fosse non solo tutt'altro che morta, ma addirittura rampante.
"Le deuxième sexe", insomma, è tutt'altro che una realtà acquisita, è molto più di nuovo un traguardo da raggiungere, una realtà da reinteriorizare. È il corpo della donna, specificatamente appunto il suo sesso, il centro del lògos e della sua demistificazione, come già aveva osservato con acuta profondità la de Beauvoir. Quasi un secolo dopo a Khmelnitskji, ma non solo lì, si arriva alla stessa conclusione, perciò Femen e perciò nude. Nude per svelare e con ciò stesso denunciare, contro il "dio" maschio, che è la donna, il suo sesso, che partorisce, che crea. Per mettere a nudo che è da lì che tutti siamo venuti. Che è necessario che di ciò si riprenda coscienza e questa necessità è subito condivisa. Con la globalizzazione salta subito gl'angusti confini di Khmelnitskji e così cominciano ad incontrarsi a Kyiv, tra l'altro al Bar "Cupidon", si allargano ancora a macchia d'olio, una di loro Anna Gutsol è intervistata da "Spiegel", a loro si ispirano nuovi movimenti come - in Russia - le Pussy Riot, ma altri si ispirano ad esse soprattutto nei Paesi in cui la discriminazione della donna è più forte come ad esempio in Afghanistan, ma anche in Giappone, Cina ed India.
La lotta è sia contro certe concezioni puriste religiose che di puro hanno assai poco e del resto le femen hanno delle sostenitrici ormai anche tra le suore come Suor Veronique Getty (nella foto), sia e soprattutto contro le concezzioni puriste radicali della criminalità organizzata, come ben denuncia Lirio Abbate.
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