Kyiv – Esiste, in Ucraina, un noto movimento femminile che si batte affinché le loro connazionali possano assumere un ruolo attivo nella società e piena coscienza dei loro diritti; esiste, nell’Ucraina patriarcale e sessista, un agguerrito gruppo di attiviste che, pur di denunciare la misera condizione delle donne-merci ucraine, sono pronte a tutto. Anche a spogliarsi. A suon di provocatorie manifestazioni, forti slogan ed eclatanti cortei, la loro nudità aggressiva e rabbiosa ha portato le Femen a spopolare anche fuori dal suolo nazionale. E a diffondere così il loro – scomodo – messaggio nel mondo.
Ma chi sono le donne di Femen? Sasha Shevchenko, Anna Hutsol, Inna Chevtchenko: a questi tre nomi rispondono le azioni del gruppo, che vanta un alto numero di adesioni da parte del mondo femminile ucraino sensibilizzato alla questione. Nato nel 2008, in questi anni il movimento fondato dalla Hutsol durante l’università ha raggiunto una visibilità enorme, diventando noto anche per la tipica forma di manifestazione adottata dal 2005 dalle tre donne. Sempre rigorosamente in topless. «Il mio corpo è un’arma, un’arma potente», è d’altra parte il motto di Sasha, e non è strano quindi che le guerriere ucraine di Femen scendano in piazza nude, o meglio armate solo del loro prorompente corpo.
La “missione” di Femen. La difesa dei diritti delle donne rappresenta il cuore dell’operazione di Femen, spaziando dal tema scottante della prostituzione e del turismo sessuale – veri flagelli del Paese – ad una più generica riqualificazione della donna all’interno di un possibile futuro sistema paritario. La realizzazione di quest’ultimo punto appare improbabile al momento: lo stesso sistema istituzionale ucraino è prettamente declinato al maschile, si veda come esempio lampante la composizione del Parlamento, dove solo il 7% dei suoi rappresentanti è donna.
In assenza di una volontà di rinnovamento della politica ucraina in chiave femminile, come si potrebbe estirpare il patriarcato alla radice? Le attiviste di Femen, però, non si lasciano scoraggiare, né dall’opposizione interna né da quella estera. Recente è l’operazione anti-sharia nella Londra dei giochi olimpici, terminata con un brutale arresto delle attiviste da parte della polizia inglese. E d’impatto le incursioni delle attiviste nel corso degli Europei 2012, la manifestazione calcistica presa di mira dal gruppo di Femen perché rea di contribuire, con l’ingente afflusso di tifosi e turisti, a profitti maggiorati per i criminali dell’industria del sesso ucraina. Kyiv capitale Europea del turismo sessuale, Kyiv nemica della donna: le Femen si scagliano contro la triste realtà del loro Paese, con molta passione e pochi soldi. Il movimento vive infatti sulle spontanee donazioni da parte di concittadini e stranieri interessati e vicini alla causa e dai guadagni del loro shop online; denaro che per lo più viene utilizzato per pagare le multe a molti zeri spesso comminate alle attiviste.
Ma nonostante tutto l’azione di Femen continua e deve continuare, soprattutto alla luce di atti come quelli perpetrati nei confronti della giovane Oksana Makar nel marzo 2012. La diciottenne ucraina è tristemente salita alla ribalta nei fatti di cronaca internazionale in quanto vittima di violenza da parte di tre ragazzi di “buona famiglia” – due addirittura appartenenti all’elite politica del Paese – strangolata, cosparsa di benzina, gettata in una fossa e infine deceduta dopo vari tentativi di soccorso in ospedale. Infatti, tali avvenimenti non possono essere trattati e accettati con abitudinaria indifferenza, e la protesta continua affinché si abbandoni la concezione di una donna-animale/merce, assoggettata e soggetta nelle avide e disoneste mani altrui. Il fine ultimo delle Femen è una donna indipendente economicamente e non solo, formata culturalmente, soprattutto padrona del proprio corpo.
Valentina Medori
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Via: wakeupnews.eu
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