"In gay we trust": sexy protesta femminista all’Angelus

Homophobe, shut up (Omofobo, stai zitto)!": con questo grido, in lingua inglese, rivolto al Papa, due attiviste del gruppo femminista ucraino "Femen" si sono denudate rimanendo a seno nudo in piazza San Pietro, durante l’Angelus celebrato da Benedetto XVI.

Le donne, che avevano dipinto sul torace la frase "In gay we trust" (Noi Crediamo nei gay) sono state subito raggiunte da poliziotti e carabinieri, che le hanno coperte e portate in questura.

Attiviste ucraine che avevanotentato un identico blitz all’Angelus nel novembre del 2011 venendo fermate prima di dare vita al loro intento in via della Conciliazione. Il Femen è un movimento di protesta ucraino fondato a Kyiv nel 2008. Il movimento è divenuto famoso, su scala internazionale, per la pratica di manifestare in topless contro il turismo sessuale, il sessismo e altre discriminazioni sociali.

Blitz che ha trovato anche il commento del portavoce del Gay Center Fabrizio Marrazzo: "Le attiviste di Femen che questa mattina hanno protestato in Piazza San Pietro sono state portate in questura. Sicuramente la loro è una forma di protesta un po’ estrema, ma ci auguriamo non vengano criminalizzate, anche perché è comunque una forma di protesta non violenta".

"In una giornata come questa in cui la Chiesa si allea con i movimenti di destra ed estrema destra per sfilare a Parigi contro la proposta di legge del Governo Hollande per i matrimoni gay - prosegue Marrazzo - la protesta di Femen sembra essere, seppure in forme un po’ radicali, un forte richiamo per il ruolo che in più parti il Vaticano gioca contro l’affermazione dei diritti dei gay. Anche in Ucraina in Parlamento si stanno valutando leggi contro i gay che prevedono sino a 5 anni di carcere per gli omosessuali, e la Chiesa Cattolica su questo non dice nulla".

"Una situazione, quella Ucraina - conclude Marrazzo - dove molti gay vengono aggrediti e la polizia non fa nulla in loro difesa. Proprio sul caso di un ragazzo gay ucraino siamo impegnati in queste settimane, affinché gli sia concesso l’asilo politico dopo che è stato accoltellato nel suo paese e se vi ritornasse rischierebbe di perdere la vita".

Via: romanotizie.it


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