La lotta di Amina, "Femen" tunisina

di Beatrice Cati

Amina Tyler ha 19 anni, frequenta l'ultimo anno delle scuole superiori e vive a Tunisi. Le sue foto a seno nudo, pubblicate a metà marzo sulla sua pagina Facebook, hanno fatto il giro del web. Sulla pelle ha scritto : "Il mio corpo mi appartiene, non rappresenta l'onore di nessuno" e "Vaffanculo la vostra morale", alla maniera delle attiviste "Femen".

È la prima donna del mondo arabo, infatti, a seguire il movimento femminista fondato a Kyiv nel 2008. Le attiviste del gruppo, hanno dimostrato al summit di Davos, durante le Olimpiadi di Londra, in Piazza San Pietro durante l'Angelus e persino al seggio dove Berlusconi è andato a votare per le ultime elezioni. Dopo la diffusione delle immagini, la vita della giovane attivista è stata minacciata dalle intimidazioni dei più conservatori e della famiglia, che l'ha brutalmente rinchiusa in casa cercando di farle credere che fosse pazza attraverso la somministrazione di forti dosi di farmaci antidepressivi. Dopo le pesanti minacce e il successivo rapimento di Amina da parte dei suoi familiari, il mondo del web si è attivato e il movimento Femen ha organizzato diverse proteste sul suo caso. La giovane tunisina, forte del sostegno apportato, ha continuato la sua battaglia per la libertà.

Lo scorso 19 maggio a Kairouan, ha sfidato il movimento salafita di Ansar Al-Sharia nel giorno in cui avrebbe dovuto aver luogo il congresso del movimento estremista. Ha scritto "Femen" sul muro di un cimitero adiacente alla moschea ed è stata arrestata per atti provocatori in un centro religioso. "Una decisione politica per alleviare la tensione e contenere la collera degli abitanti di Kairouan" sottolineano gli avvocati di Amina. Il ministro dell'Interno, lo stesso giorno dell'arresto, ha affermato in un comunicato che "Amina è stata arrestata perché sul punto di fare un gesto immorale". Dichiarazione che ha fatto intervenire immediatamente gli avvocati che sottolineano che non si possono punire le persone per delle intenzioni. L'unica accusa a suo carico, al momento, è il possesso di uno spray urticante che Amina ha sempre portato con sé per difendersi da eventuali aggressori.

Ieri, il tribunale tunisino di prima istanza di Keirouan ha deliberato il primo verdetto: la ragazza ,al momento, dovrà pagare solo un'ammenda di 200 dinari, circa 100 euro per la detenzione dello spray antiaggressione. Nel frattempo le Femen hanno continuato a mobilitarsi per lei: tre attiviste europee sono state arrestate il 29 maggio nel centro di Tunisi, dopo essersi mostrate in topless davanti al tribunale. Le tre giovani donne, due francesi e una tedesca, hanno gridato "Amina libera", chiedendone la liberazione. Dimostrazioni estreme per un Paese nel quale la nudità non era mai apparsa nello spazio pubblico. In questo senso Amina ha sfidato un tabù enorme, sintomo del disagio che sta vivendo la società tunisina in questo momento storico.

Certo è che la lotta per la libertà femminile in Tunisia è rimessa in discussione nel continuo braccio di ferro fra islamisti moderati e radicali e rappresenta il cuore di un conflitto drammatico che va ben oltre la questione Amina. Lo stesso mondo del femminismo progressista, rappresentato dall' Associazione delle donne democratiche tunisine (ATFD) nata nel 1989, ha paura che provocazioni così estreme, come quelle delle Femen, possano rivelarsi un'arma a doppio taglio.

"Noi non mostriamo il nostro corpo, ma protestiamo attraverso di esso. In questo modo facciamo vedere quanto vivono male le donne ed è per questo che protestiamo nude, è un simbolo di libertà". ha invece più volte sottolineato Inna Shevchenko, leader del movimento Femen.

Via: globalist.it


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