Non c’è sintesi migliore del “fascismo” LGBT, ovvero l’imposizione violenta dell’agenda omosessualista, che il movimento delle Femen, il gruppo di esaltate che a seno scoperto aggredisce per strada i “pubblici peccatori”, ovvero coloro che non si convertono al pensiero unico omosessualmente corretto. La fondatrice, Inna Shvchenko, è nota per aver abbattuto con una motosega una grande croce cristiana in memoria delle vittime del comunismo, per questo è stata recentemente premiata dal governo francese di Hollande mettendo il suo volto su tutti i nuovi francobolli (l’effige della Marianna di Francia, il simbolo ufficiale della République).
Nonostante i nobili principi (la fine della discriminazione verso gli omosessuali e la giusta e dignitosa considerazione della donna nelle società occidentali e orientali), la violenza non ha mai dato frutti. Ed infatti, fortunatamente, le donne non accettano più di essere rappresentate da queste esagitate fasciste.
In Tunisia, dopo le critiche della più importante intellettuale araba, Joumana Haddad, è nato un movimento di donne e femministe islamiche che ha pubblicato un comunicato: «Comprendiamo che per voi “femministe” bianche con atteggiamenti coloniali è molto difficile da capire, ma – sorpresa! – donne musulmane e donne di colore possono avere la propria autonomia, e anche lottare! E parlare per se stesse! Chi se l’aspettava?. Ne abbiamo abbastanza e siamo stanche di sentire donne privilegiate che perpetuano lo stereotipo che le donne musulmane, le donne di colore e le donne del Sud Globale siano sottomesse, inermi e bisognose del progresso “occidentale”», rispondendo alla mobilitazione delle Femen in solidarietà di Amina Tyler, una giovane tunisina che è stata arrestata dalle autorità per manifestazioni a seno nudo. La stessa Amina ha criticato le escort ucraine: «Con la vostre azione non mi avete aiutato. Bruciando le bandiere avete offeso tutto l’Islam». Le Femen «alimentano un femminismo coloniale razzista», ha spiegato Chitra Nagarajan sul “Guardian”. Il gruppo ha anche creato una mobilitazione su Facebook attraverso la pagina “Muslim Women Against Femen”.
In Polonia e Ucraina è invece nato un gruppo molto simile: “Christian Women Against Femen” (qui la pagina Facebook), un intelligente e moderato movimento di donne cristiane che fa il verso alle estremiste ucraine convertendo e modificando i loro slogan. Numerosi i messaggi: «Non ho bisogno di essere una Femen per essere una donna», «Il Cattolicesimo è la mia scelta, Dio vi benedica», «Sono una donna, sono cristiana, sono per la vita. E sono orgogliosa di esserlo!». Usando la ragione e la creatività mostrano, loro sì, che la capacità della donna va ben oltre la nudità, al contrario di quelle che comunicano le Femen, spogliandosi per attirare attenzione (e dunque alimentando i pregiudizi contro le donne).
In Francia sono invece nate due esperienze diverse. La prima sono le “Antigoni” (“Les Antigones“, anche pagina Facebook), gruppo femminile di giovanissime militanti cattoliche nato dagli imponenti cortei contro il matrimonio gay. Vestite interamente di bianco, con i capelli sciolti e l’aria da antiche vestali, leggono in coro un comunicato stampa: «La donna possiede una dignità che non si esprime con l’esibizionismo né con l’isteria. Le Femen ci spingono nella trincea dell’oscenità e dell’odio, mentre noi preferiamo la saggezza, l’amore e il sorriso».
Una di loro, Iseul Turan (21 anni) studentessa di Legge a Parigi, è riuscita ad infiltrarsi tra le Femen, spiegando: «una volta che ho conosciuto le Femen, mi sono accorta che sono violentissime nelle azioni e nelle parole, ma che il loro odio esplode solo contro certe persone, contro chi crede, contro chi considerano nemici. Mi accorgevo che le Femen, poste in risalto dai media, non facevano che alimentare gli stereotipi che contestano. All’interno delle Femen non c’è alcun dibattito, nessuna filosofia, solo attivismo. L’idea di aiutare le donne, di stendere programmi per migliorarne la situazione, non le sfiora nemmeno. Vogliono solo attaccare e distruggere i simboli del capitalismo e della religione, usando il loro corpo per farsi pubblicità. Il loro mentore è Victor Sviatski, un esperto di comunicazione. Ma l’indagine è in corso e non posso dire di più per il momento, se non che sappiamo di molte relazioni fra queste donne e persone potenti e famose. A breve, quando avremo tutti gli elementi, pubblicheremo un libro». E ancora: «Denunciano la relazione tradizionale fra uomo e donna e il sesso, ma poi vivono vite promiscue e rapporti in cui si fanno trattare come oggetti». Le Femen combattono contro un sistema di cui fanno parte. «Così non conteranno e non incideranno mai nella società».
Oltre a loro ci sono gli Hommen (pagina Facebook), un gruppo di soli uomini, molto giovani, apparsi per la prima volta a Parigi durante una manifestazione contro la regolamentazione dei matrimoni gay. Così in una decina si sono spogliati davanti all’edificio dell’Assemblea Nazionale a Parigi, con il volto coperto, ma a petto nudo, hanno gridato la loro indignazione.
Da segnalare in Italia l’intervento di Elvira Banotti, autrice (non certo cristiana) nel 1970 dello storico “Manifesto di Rivolta Femminile”, che ha scritto: «Dove credete che trovi la propria ispirazione il “donnicidio” – quel “diritto” punitivo di antica memoria che oggi terrorizza mogli e fidanzate – se non dalla prostituzione del Femminile teatralizzata persino dai Trans che scempiano l’identità di tutte le donne?». Ha parlato di ipocrisie «con cui è stata inabissata l’Eterosessualità, mentre contestualmente si celebra Nichi Vendola, un essere oscurantista impietrito da una pericolosa “repulsione” per la donna! E che dire della sodomia propagandata da trasmissioni come “La Mala Educaxxxion”, con la quale La7 inscrive la sodomia come pratica altamente erotica, suggerendola alle proprie spettatrici? E’ il clima sbrindellato delle ideologie che consente a Gay e Lesbiche di investirci tutti con l’accusa di “omofobia” mentre sono attentissimi a oscurare le proprie pregiudizievoli cicatrici emotive con le quali aggiornano il sedimentato, morboso allontanamento tra uomini e donne: cioè l’erotismo e la preziosità dell’Accoppiamento. Sono depositaria di alcune loro narrazioni (autentiche). Raccontano sofferenze causate da un immaginario atrofizzato, evidenziano “scissioni” emotive derivate da rapporti alterati dalla misoginia, disastri che Gay e Lesbiche (più corretto definirli Ginofobi e Omofobe) riescono abilmente a oscurare. Traumi che per la loro intensità dovrebbero al contrario preoccuparci notevolmente! Più di quanto lo richiedano gli atteggiamenti deludenti di un uomo (forse) eccessivamente… espansivo».
Andando in Norvegia, vogliamo infine parlare di Jane Haaland Matlary, docente di politica internazionale dell’Università di Oslo, ex femminista norvegese ed ex viceministro degli esteri, convertitasi al cattolicesimo grazie a Tommaso d’Aquino. Oggi è membro del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, nonché fautrice di un “nuovo femminismo” che punta alla dignità della donna attraverso la valorizzazione della sua diversità e unicità, e non attraverso l’omologazione (violenta) al modello maschile.
Abbiamo voluto citare solo alcune delle recenti reazioni femminili, ma non possiamo non riportare il lucido e duro giudizio del direttore di “Tempi”, Luigi Amicone che ha parlato del “metodo Femen” come di «una forma molto stupida di violenza ideologica e di fanatismo». «Parlano di dialogo, multiculturalismo, tolleranza. In realtà agiscono come se ci fossero ariani emancipati da una parte, loro; e noi, negri cristiani e negri musulmani dall’altra. Ovvio che ciò produca l’esatto contrario di un programma di pace e libertà e progresso».
La redazione
Via: uccronline.it
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