(© Ansa) Un'attivista del gruppo Femen protesta contro il Papa a San Pietro.
Niente somiglia più al demonio di un esorcista improvvisato. Anzi, improvvisata, come la signora che domenica 13 gennaio, durante l'Angelus in piazza San Pietro, si è avventata a ombrellate, urlando «Tu sei il diavolo!», su un'attivista di Femen che si era denudata per protestare contro l'omofobia cattolica (se c'è un Paese in cui le femministe ucraine a seno nudo possono essere aggredite da altre donne, e non solo dai prevedibili poliziotti maschi, è l'Italia, inclusa quella particella chiamata tuttora inspiegabilmente Stato Vaticano).
ESORCISMI SIMBOLICI. Ma quello di Femen non è stato l'unico esorcismo contro signore in odore di zolfo celebrato a Roma nell'ultimo weekend. Sabato 12, il parroco della Chiesa degli Artisti di piazza del Popolo ha negato a Emma Bonino il permesso di pronunciare all'interno dell'edificio sacro l'orazione funebre per Mariangela Melato, che l'aveva espressamente richiesto in punto di morte.
In ottemperanza alle nuove disposizioni in materia di funerali, l'ex ministro, che fra l'altro non era neppure in perfette condizioni di salute, ha potuto parlare solo fuori dalla chiesa.
«BREVI PAROLE DI RICORDO». Prima di inveire contro i sacerdoti, bisogna precisare che le nuove disposizioni ci sono: il punto n. 81 del Rito delle Esequie afferma che, dopo le raccomandazioni e il commiato, «possono essere pronunciate brevi parole di cristiano ricordo del defunto», concordate in precedenza e non accompagnate da immagini registrate o canti o musiche non liturgiche. «Parole brevi di cristiano ricordo»: dove quel che lascia più dubbiosi non è il «cristiano ricordo» (quello, vabbè, si capisce) ma le «brevi parole».
Quest'espressione fuorviante fa pensare che il problema non sia la durata complessiva del discorso, ma la lunghezza delle parole di cui è composto. Quindi se l'orazione funebre è un pippone di due ore a base di monosillabi e interiezioni tutto okay, se dura tre minuti e contiene solo parole cristianissime, ma più lunghe di quattro sillabe, niente da fare.
Fosse così, gli unici a poter commemorare i defunti in chiesa sarebbero i rapper e i balbuzienti. Tutto si può dire della Chiesa di una volta, ma i manuali di liturgia erano scritti da gente che conosceva a fondo il vocabolario, sia latino sia italiano. Proibivano agli attori la sepoltura in terra consacrata, figuriamoci il funerale in chiesa, ma almeno parlavano con proprietà di linguaggio e non lasciavano spazio a equivoci.
Il veto al discorso di Bonino in chiesa: ipocrisia travestita da rigore
(© Ansa) Emma Bonino, vicepresidente del Senato.
Il discorso che Emma Bonino ha comunque tenuto fuori dalla Chiesa degli Artisti è stato breve (cinque minuti scarsi) e non conteneva nulla che sarebbe suonato inappropriato nella navata di una basilica, a meno di non considerare blasfemo l'accenno all'impegno di Melato a fianco dei Radicali in molte delle loro battaglie civili.
COMPAGNE DI LOTTA. Ma se il parroco degli Artisti ha accettato di celebrare il funerale di una nota sostenitrice di divorzio, aborto e antiproibizionismo, perché negare la parola alla sua più autorevole compagna di lotte, nonché ex ministro, vicepresidente del Senato, candidata al governo della Regione Lazio e perfino al Quirinale? Qualcuno forse temeva che la Bonino, a 71 anni suonati, si sarebbe denudata come una Pussy Riot davanti all'altar maggiore, sbraitando «Maschio represso, masturbati nel cesso»? O paventava che, se si consente a una donna di tenere orazioni funebri in chiesa, verrà presto il giorno in cui vorrà dire messa?
Emma è accusata di avere praticato di propria mano aborti, sulla base di una foto degli Anni 70 realizzata e diffusa per autodenunciarsi e dare visibilità alla campagna radicale, e questo non la rende sicuramente simpatica alla Chiesa.
Certo, meno simpatica dei tanti pii 'cucchiai d'oro' che si dichiarano contro l'aborto solo se libero e gratuito, ma che nelle cliniche private lo eseguono a caro prezzo e ben oltre il terzo mese di gravidanza. Peggio per Melato se non ha incaricato uno di loro di tenere il suo discorso funebre.
SGARBO POSTUMO. Insomma, ho l'impressione che, al netto delle urla e dell'ombrello, il veto dei preti di piazza del Popolo equivalga, nel migliore dei casi, all'isterico esorcismo anti-Femen della beghina dell'Angelus.
Nel peggiore, a un triste episodio di ipocrisia travestita da rigore, uno sgarbo postumo a Mariangela più che a Emma, che ha lasciato perplessi molti credenti e non pochi sacerdoti.
Morire non è più sentito come evento naturale ma come sconfitta biologica
(© Ansa) Si sono svolti a Roma il 12 gennaio i funerali di Mariangela Melato.
Più in generale, l'accaduto racconta l'approssimazione e l'incertezza con cui in Italia si affrontano le cerimonie funebri, sia per i vip sia per le persone normali.
Dicono le statistiche che i matrimoni civili stanno superando quelli religiosi, ma per i funerali la Chiesa è ancora imprescindibile, non tanto perché ne condividiamo la prospettiva escatologica, ma perché non abbiamo voglia di pensarci, né alla nostra morte e ancora meno a quella dei nostri cari.
Morire non viene sentito più come un evento triste ma naturale, né come il coronamento di una vita ben spesa, ma come una sconfitta biologica (anche di un bambino che muore si dice «non ce l'ha fatta», come se fosse un po' colpa sua, perché non si è impegnato abbastanza).
INCAPACI DI PENSARE ALLA FINE. Superstiziosamente, preferiamo non pensare alla nostra fine quando c'è tempo e quando sta per finire ci fidiamo di chi ci sopravviverà, anche se spesso avrà soprattutto voglia di archiviare la pratica il prima possibile e nel modo più asettico.
Così ci si rivolge alla Chiesa, che ha 2 mila anni di esperienze, miliardi di clienti seppelliti in tutto il mondo e sa cosa fare e cosa dire, anche se ben pochi credono più a quel che fa e a quel che dice.
Si può trovare il sacerdote in grado di fare dell'ultimo commiato un momento di unione e riflessione per tutti, credenti e no, o quello che non va più in là della vita che è solo un passaggio in attesa del grande «volemose bene» tra arpe e nuvolette.
SENTIMENTO CELESTE. In Italia non sono diffuse le funeral home come in America, la cerimonia civile è riservata ai pochi forti che vogliono una morte quanto più possibile simile alla loro esistenza.
La musica, i colori, i discorsi commossi ma leggeri in onore del defunto che ci incantano nei film americani da noi sarebbero considerati pagliacciate fuori luogo. Perfino il discorso affettuoso e rispettoso di una donna laica, potenziale presidente della Repubblica, va tenuto fuori dall'area consacrata, come una volta il cadavere dell'attrice.
Eppure un ateo come Ugo Foscolo chiamava «celeste» il sentimento che lega gli umani vivi a quelli estinti e ce li mantiene vivi e presenti nel cuore e nel ricordo. E, a dispetto degli ottusi, in tonaca e senza, questo avverrà per Melato. Finché saranno sacre e onorate l'arte, l'intelligenza e finché il sole risplenderà sulle sciagure italiane.
Lunedì, 14 Gennaio 2013
Via: lettera43.it
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