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E’ una protesta che ha rischiato di finire in tragedia per tre attiviste del gruppo ucraino Femen. Lunedì scorso, a Minsk, si erano tolte maglietta a reggiseno davanti alla sede della polizia bielorussa, per denunciare la macchina della repressione del presidente Lukashenko.
Poi il sequestro, le minacce, presumibilmente ad opera di agenti dei servizi bielorussi. “Ci hanno minacciato con un coltello, con cui poi ci hanno tagliato i capelli – racconta una di loro – ci hanno fatte spogliare e ci hanno picchiato, poi ci hanno lasciato così, nude, senza soldi, telefono né documenti”.
La polizia bielorussa, che ancora si chiama KGB, non ha confermato né smentito. Ma le tre ragazze preannunciano azioni legali. La loro non è stata l’unica brutta avventura lunedì notte a Minsk. Alcuni manifestanti che protestavano contro Aleksander Lukashenko, a un anno esatto dalla sua contestatissima rielezione, sono stati fermati da agenti in borghese. Una trentina in tutto gli arresti.
Un anno fa, il presidente aveva usato il pugno di ferro contro chi denunciava le irregolarità che avevano macchiato lo scrutinio. Dei sette candidati dell’opposizione finiti in carcere, due sono stati condannati a cinque anni di detenzione.
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