Condanne confermate, ma presto libere. Niente sconti, almeno sulla carta, da parte della giustizia tunisina per le tre attiviste di Femen che pagano la protesta a seni nudi in favore di Amina Sboui con la conferma della condanna a quattro mesi ed un giorno di reclusione.
Chi si aspettava che la corte d’appello di Tunisi si lasciasse condizionare dalla campagna internazionale - anche ad altissimo livello politico - in favore di Pauline Hillier e Marguerite Stern, francesi, e di Josephine Markmann, tedesca, è stato smentito, anche se per le tre ragazze la libertà potrebbe essere questione di giorni e c’è chi sostiene che la soluzione trovata soddisfa in realtà tutti.
La corte, infatti, a differenza di quanto aveva deciso il tribunale, ha concesso alle imputate i benefici di legge aprendo di fatto, in base al codice di procedura penale tunisino, la strada alla soluzione più ovvia, quella dell’espulsione. Misura questa che può essere decisa dalla procura generale e dal ministero dell’Interno, ma non dalla Corte.
Ieri ilgoverno tunisino, al suo massimo livello (il primo ministro Ali Laarayedh), aveva auspicato una fine sollecita del caso, ipotizzando - e quindi chiamandolo direttamente in causa - che il presidente della Repubblica possa attivare una delle sue prerogative, quella della grazia.
Oggi il processo si era aperto con un piccolo, ma non certo inatteso, colpo di scena perché le tre ragazze - giunte in aula con il lungo velo chiaro delle detenute tunisine - hanno chiesto scusa per il loro gesto. Cosa che Femen ha attribuito alle enormi pressioni psicologiche alle quali sarebbero state sottoposte nei lunghi giorni di detenzione, trascorsi in totale isolamento. Le tre attiviste erano state arrestate il 29 maggio, quando si denudarono davanti al tribunale di Tunisi, chiedendo a gran voce la liberazione di Amina Sboui. In tribunale le attiviste si videro contestare i reati di oltraggio al pudore, attentato alla correttezza dei costumi e schiamazzi e le relative condanne, cumulate, assommarono a quattro mesi ed un giorno di reclusione, senza alcun beneficio di legge.
La condanna, ma soprattutto il fatto che non fosse stata concessa loro nessuna attenuante, hanno immediatamente provocato una serie di dure reazioni, a cominciare dallo stessa leader di Femen, Inna Shevchenko, accusando la Tunisia di avere imbastito un processo politico. Dall’Europa e da alcune delle cancellerie occidentali (a cominciare da Berlino e Parigi) era stato chiesto, a gran voce, alla Tunisia non un gesto di clemenza, ma di ragionevolezza, davanti ad un atto ritenuto solo una protesta e non invece una offesa alla cultura e le tradizioni del Paese nordafricano.
Via: lastampa.it
Short link: Copy - http://whoel.se/~qv9CR$3Oc