di Valentina Di Cesare
Erano in tante e a seno nudo le manifestanti ucraine del Gruppo femminista Femen riunitesi nella celebre cattedrale di Santa Sofia di Kyiv per esprimere il proprio disappunto contro una proposta di legge presentata da un deputato di opposizione al parlamento ucraino, volta a limitare fortemente l’interruzione volontaria della gravidanza. La proposta arriva dopo una lunga serie di sollecitazioni da parte di gruppi religiosi cristiani in totale disaccordo con l’aborto, e che porterebbe con sé la “soluzione” di un altro problema in Ucraina : la regolarizzazione demografica e la bassa natalità.
Le componenti di Femen sono salite in cima alla cattedrale di Santa Sofia e hanno suonato le campane in segno di protesta per una legge che se fosse approvata, consentirebbe l’aborto solo in casi eccezionali.
Del resto non è la prima volta che le attiviste del Gruppo Femen fondato a Kyiv nel 2008 per combattere il turismo sessuale in Ucraina, si fanno protagoniste di manifestazioni scomode per l’immagine pubblica del proprio paese e dell’area economica d’influenza che ne regola i rapporti politici e istituzionali.
Solo un mese fa tre attiviste di Femen spacciatesi per giornaliste, hanno fatto irruzione nel seggio elettorale di Mosca dove Vladimir Putin si era recato a votare e avevano protestato in topless contro la rielezione del presidente e la corruzione al Cremlino. Altre recenti proteste del collettivo femminista si sono tenute a Zurigo , davanti la sede della Federazione Sportiva Internazionale che si riuniva in occasione dell’organizzazione dei Mondiali di Hockey del 2014 previsti in Bielorussia.
Le attiviste hanno protestato munite di cartelli e dei propri corpi nudi e colorati, denunciando la gravità della decisione che non tiene affatto conto della dittatura seduta al governo di Minsk e che non ammette sconti nè perdono a chi osa opporsi a Lukashenko. Sono decine i prigionieri politici in Bielorussia, esponenti dell’opposizione, ma anche giornalisti e attivisti detenuti nelle carceri del paese e di cui anche Femen ha chiesto la liberazione. I corpi nudi delle attiviste ucraine vagano nel freddo delle capitali europee e non intendono fermare la loro corsa; nudità e idee attirano l’attenzione dei media e dei passanti, ed è possibile trovarle ovunque: alla metropolitana di Kyiv ( dove hanno già protestato contro i 32 miliardi di debito pubblico che gravano sull’Ucraina) , sotto il Parlamento ucraino per manifestare contro il sistema sanitario o per estendere il diritto di guida alle donne saudite, oppure in Piazza San Pietro a Roma per l’Angelus domenicale ( dove hanno fatto appena in tempo ad arrivare, perchè bruscamente allontanate dalla Polizia) . Ogni protesta di Femen porta con sé un motto . L’ultimo era “Kinder, kuche, kirche” (Bambini, cucina e chiesa), modo di dire coniato in epoca prussiana e ripreso dagli esponenti del terzo Reich in riferimento al ruolo molto limitato a cui le donne erano ( e sono? ) relegate.
Intanto Femen continua ad espandersi, nonostante le continue intimidazioni, mentre pullulano nuove “succursali” del movimento non solo in Europa (Varsavia, Zurigo e Roma ) ma anche a Rio de Janeiro e Tel Aviv.
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