Basta Femen, tocca alle “Mamen”! (E io ci metto il pancione)

L’ultima volta che mi sono scritta sulla pelle qualche cosa era la formula di algebra da scopiazzare il giorno dopo durante il compito in classe a liceo. Oggi che sono mamma incontro amiche dove sul palmo delle mani si annotano la spesa da fare al supermercato. Mi viene solo da dire basta con queste Femen! Basta con le loro tette e le loro urla esagerate, che a dire il vero più che trovarmi d’accordo o in disaccordo, trovo solo eccessive e aggressive, e ironicamente dico solo basta! Si facessero da parte, che dite?

E’ il momento delle “Mamen”?

Scherzi a parte, sono cresciuta con il valore della libertà di espressione all’interno della mia famiglia, patriarcale, musulmana praticante e proprio per questo assaporando l’Islam migliore, quello vero e non dei falsi proclami, delle fatwe di questo o quell’improvvisatosi imam giustizialista di turno, dell’oscurantismo, della legge del taglione o quello della chiusura e dell’estremismo presente oggi dopo le primavere arabe in molti dei nostri Paesi d’origine, ma comunque a onor del vero visibile anche negli anni delle recenti dittature seppur in maniera e con toni differenti. 

Ammetto che ne ho le scatole piene degli ultimi episodi delle attiviste femen, del caso mediatico della tunisina Amina Taylor, come qualche anno quello della ragazza egiziana Aalia El Mahdy, nuda sul web per reclamare il diritto alla libertà di espressione.

Non immaginate quante prime pagine dei migliori quotidiani e tg le dedicarono aperture e approfondimenti, dimenticandosi altre libertà calpestate. Posso dire solo che mi hanno stufato?

Insomma, perché ancora una volta le battaglie le dobbiamo fare sul nostro corpo? E poi solo noi.

Personalmente non ci trovo nulla di male, ognuno è libero di usare se stesso, le proprie parti intime, il proprio cervello, il proprio corpo come meglio crede, ma sono i toni, le forzature, l’estremismo violento praticato senza limite magari nei confronti delle altrui sensibilità, il poco rispetto delle istituzioni, dei luoghi di culto o di rappresentanza di intere comunità che vengono spesso profanati, che mi vedono in disaccordo. Il problema nudità lo trovo inutile, devastante ancora una volta. Una violenza praticata sul corpo sempre e solo delle donne, e da sempre, chi mi conosce sa che la penso allo stesso modo riguardo a chi vorrebbe coprire eccessivamente le donne con teli neri dalla testa ai piedi in nome di non so quale pudore, come se il corpo femminile, racchiudesse solo ed esclusivamente il concetto di purezza, pudore …visto solo come un castigo.

Mi sento offesa come donna quando vedo due tette al vento usate per annotarci sopra lo slogan o la battaglia di turno, proprio come vedo le donne con il niqab, difendere a spada tratta una battaglia del pudore esibita e vista solo parlando di centimetri di lenzuolo, stoffa o velo che coprono ancora una volta lo “strumento” unico della battaglia. Il corpo delle donne.

Non capisco perché tanto clamore allora? Forse perché si tratta ancora una volta del corpo femminile, denudato, esibito, usato, mutilato, violato o in altri casi velato, represso e colpevolizzato… visto come se fosse l’unico strumento di cui solo noi donne, detentrici di culi e tette siamo orgogliosamente dotate?

E il cervello, le nostre emozioni, le nostre fragilità, le nostre paure, le nostre capacità, le nostre forze e le nostre debolezze, perché non ricevono le medesime attenzioni?

Lo scandalo di Amina quale sarebbe? Quello di protestare posando con i seni scoperti? Sono stata sulle spiagge di molti Paesi arabi e di donne in topless ne ho viste tante, anche del luogo, mi pare quasi che la questione la si voglia far passare facendo tanto rumore per nulla, un po’ come mezzo di distrazione di massa, facendo invece finta di non vedere atrocità quotidiane ancor più gravi  praticate negli stessi Paesi di tante Amina, sapendo purtroppo che ai media della donna araba interessa solo quando viene o denudata o umiliata, oppure, solo se coperta da capo a piedi come un fantasma senza identità, lapidata o violentata nella sua dignità per mano di uomini violenti e senza fede, quella vera. Insomma, si rincorrono in questi casi i diritti della donna… calpestando e senza considerare tutti gli altri diritti, i “diritti dell’uomo”, quelli elementari, di tutti noi, come se fossero questioni divise… femmine e non esseri umani al pari dell’uomo e delle sue libertà e diritti sanciti nelle Convenzioni Internazionali.

Ma noi donne arabe, vi assicuro che siamo in tante, le nostre battaglie le facciamo eccome, vestite, a lavoro, nelle piazze, nelle carceri, torturate a fianco dei nostri uomini, al grido di dignità e rispetto,

anche se il tutto passa in silenzio, ma non perché non urliamo abbastanza, ma perché agli altri non interessa ascoltarci, o meglio, sono sordi e ciechi all’occorrenza, attenti e portatori delle migliori democrazie e dei più nobili ideali quando fa loro comodo. Mi chiedevo per caso se esiste la versione maschile delle femen! Insomma l’effetto sarebbe lo stesso? Mi immagino un gruppetto di ometti scalmanati con le chiappe scoperte reclamare peace love davanti ai capi di Stato e nei luoghi di culto. Secondo voi, avrebbero lo stesso effetto? Riceverebbero le stesse attenzioni, la stessa repressione? Ma poi, in quale parte del corpo annoterebbero le loro richieste scritte? Mah!

P.s. La foto del pancione è della sottoscritta, utilizzata senza urlare per una causa a me molto cara, quella per il riconoscimento dello ius soli foto dal titolo “Ancora in attesa” e per coerenza a questo punto spero di non aver offeso nessuno, soprattutto l’inquilino ospite


Via: lacittanuova.milano.corriere.it


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