Femen a Milano. La misoginia dei commenti eclissa la violenza …

La domanda che si è fatta Marta Serafini nel suo post -“L’arresto delle Femen al seggio. Era necessaria quella violenza?�- è quella che dovrebbe farsi ogni cittadino, maschio e femmina che sia, riguardo a un esercizio della forza pubblica che appaia sproporzionato rispetto alla minaccia reale che ha di fronte. Si può essere o no d’accordo, e, come tutti i blog, anche la 27esima ora presuppone che se ne possa discutere, confrontando pareri diversi. Ma è difficile non notare che, in questo caso, la violenza della maggior parte dei commenti ha eclissato sia quella attribuita alle attiviste del Femen, sia quella di carabinieri e agenti della Digos.

Faccio un esempio. E’ un’aggressione gratuita e del tutto insensata – comprensibile solo come espressione delle misoginia diffusa- usare la parola “isterica� come un insulto, o anche solo come giudizio negativo sul comportamento di una donna.

L’isteria è stata in una particolare epoca il sintomo di una sofferenza fisica e psichica delle donne, conseguente alla repressione sessuale di cui sono state vittime, nella nostra come in altre civiltà. Oggi si può dire che è stata sorpassata dall’anoressia e dalla bulimia, ma nessuno userebbe queste patologie per schernire o offendere una donna.

Allora vuol dire che a eccitare gli animi, a ispirare giudizi così pieni di acredine da chiedere carcerazioni a vita per le tre ragazze che hanno contestato Silvio Berlusconi davanti al seggio di via Scrosati a Milano, è una sessualità che sfugge al controllo degli uomini:

corpi femminili che di denudano non per il voyeurismo di comuni spettatori televisivi, di consumatori di siti porno, di maschi potenti in grado di comprare sesso in cambio di denaro e carriere, ma per una battaglia, sia pure discutibile nei modi, contro le discriminazioni, il sessismo, le politiche degradanti di un leader.

Non ho simpatia per le manifestazioni del gruppo femminista nato in Ucraina e oggi presente in vari paesi del mondo, le trovo ripetitive e poco incisive. Appartengo a quel movimento di donne, da loro considerato “tradizionale�, che usa la parola e la scrittura per smuovere pregiudizi, aprire la strada a consapevolezze nuove. Ma so che il corpo e il pensiero non sono separabili e che la comparsa improvvisa di gruppi e di cortei di donne sulla scena pubblica, dove non sono state a lungo previste -dalle manifestazioni per il diritto di voto a quelle degli anni ’70 per alcune libertà fondamentali, come il divorzio, l’aborto, il diritto di famiglia, la legge contro la violenza- hanno contribuito non poco a cambiare il rapporto di potere tra i sessi.

E quanto alla legalità, tanto invocata nei commenti, non dovrebbe esserci bisogno di dire -perché è la storia che ce lo insegna- che le forme di governo e le leggi più ingiuste sono state messe in discussione e sconfitte dalle azioni “illegali� di coscienze avvedute e coraggiose.

Chi può dubitare che il libretto di Don Milani contro il militarismo statale – L’obbedienza non è più una virtù-, che gli costò una denuncia all’autorità giudiziaria, non abbia contribuito a formare un modo diverso di vedere la guerra e le sue atrocità?

Alcuni commentatori hanno scritto che le tre ragazze, che hanno contestato in topless un leader già molto discusso per offesa al “decoro pubblico�, andrebbero chiuse in prigione, buttando le chiavi.

Mi chiedo: cosa avrebbero fatto alle donne che in passato osarono manifestare per il diritto di voto davanti ai palazzi del potere, quando il loro paese era in guerra, sfidando perciò valori tanto più alti della ‘sacralità’ di un seggio elettorale?

Non sarà un caso che tutte le donne che nel corso della storia si sono battute per uscire da una secolare sottomissione patriarcale, usando la loro intelligenza o i loro corpi, o la loro esistenza intera – né solo corpo né solo mente-, come è stato per il femminismo degli anni ’70, sono state poi appellate in modo sprezzante: “prézieuses riducules�, “suffraggette�, “femministe�, inteso come “donne che odiano gli uomini�, che non curano il loro aspetto fisico, ecc. Non è l’accanimento della polizia che in questo caso mi spaventa di più, anche se è importante sottolinearne gli eccessi, ma la violenza cieca che nasce dal pregiudizio, dall’ignoranza, dall’incapacità di portare l’attenzione su se stessi, sulle proprie fantasie e sui propri impulsi, di confrontare opinioni diverse senza aggredire l’altro come un nemico.

Detto questo, penso che dovremmo poter dire “basta� a uno scenario politico degradante, che forma cittadini altrettanto volgari e aggressivi, senza arrivare a doverlo scrivere su corpi denudati. Soprattutto d’inverno!

 


Via: 27esimaora.corriere.it


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