Femen. Ci son donne che si servono del proprio corpo come lavagne, donne che lo modificano, che lo scolpiscono, che lo lambiscono. Donne che semplicemente lo espongono a mo’ di tavolozza, servendosi dello spazio evidente del petto, potente ricettacolo simbolico dell’accoglienza, metafora dello sviluppo, della nutrizione e della tenerezza, per mettere in evidenza alcuni messaggi. Guidate da Inna Shevchenko hanno manifestato nella maniera ormai consueta in varie città europee e dinanzi all’ambasciata della Tunisia a Parigi, per sostenere l’azione di Amina Tyler, attivista diciannovenne che, dopo aver protestato a seno nudo, si è vista indirizzare minacce di morte.
Sono parole che infrangono nel loro tracciato atipico, la bandiera del pudore, frasi brevi e sintetiche, a tratti persino semplicistiche, che non esitano a giocare con i significati per rendersi ancora più ineludibili. Testi che dipingono il contemporaneo, ritratti dal giovane fotografo romano Lorenzo Razzino. Frammenti di istantanee che vivono nella performance, e che tentano di lanciare il cuore oltre un’ampia barricata di pregiudizi, che nella maggior parte dei casi gravitano proprio intorno al coacervo di concetti contenuti in quegli stessi corpi denudati che vorrebbero superare, esposti eppure sfrontati, resi forti dalla convinzione dell’eccezione e accesi dal coraggio in smorfie deformanti.
Ma non è un discorso di temerarietà quello sul quale vogliamo concentrarci, né un’esaltazione cieca, quanto piuttosto una virgola, una di quelle nelle quali si rischia d’inciampare se non si pone attenzione alle cose, è quella punteggiatura che spesso scompare in questi stessi ammassi di parole tinti in nero sulla pelle, riassunta in punti esclamativi che lasciano alla forma dei seni il ruolo di parentesi e alle punte quelli di punti per un’assonanza che è figlia di un’autentica vicinanza; la stessa che caratterizza gli sguardi diretti, le manovre per sgusciare via veloci dalle grosse mani guantate di cuoio dei poliziotti, le tecniche di fuga apprese in ore di allenamenti, figlie di una diffidenza atavica nutrita nei confronti di coloro che cercheranno pur sempre di coprire, con un gesto che da rispetto può facilmente trasformarsi in oscurantismo.
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