C’è una battaglia che ha eletto domicilio a Parigi e che viene inconfessabilmente approvata dal governo francese, indifferentemente da Sarkozy a Hollande: è l’attivismo delle Femen, le amazzone venute dalla Russia e che oggi, dopo un lungo percorso, si rivendicano femministe. Ma la causa ha in realtà preso altre proporzioni: seni al vento, sbandierano il proprio corpo glabro per fare la réclame anti-religiosa. La settimana scorsa, l’ennesima azione eretica le ha portate a suonare le campane di Notre-Dame per rimbalzare sulle dimissioni del Papa.
Contro i dogmi, queste baccanti rivendicano una libertà poco conosciuta negli altri paesi: quella del pensiero anti-religioso, un diritto in ogni repubblica laica ma pur sempre un tabù. Persino in Francia viene camuffato dal dibattito più posato sulla laicità, brand neo-illuministico promosso dalla politica francese.
Le Femen hanno una forza iconica dovuta alla nudità: entrano in immediata contrapposizione con le istituzioni che scelgono di dissacrare. In Francia le ragazze di Femen hanno trovato l’appoggio di associazioni e attivisti che hanno arricchito e valorizzato la loro rivendicazione (inizialmente sciatta), per cui l’effetto mediatico ne esce nettamente collaudato.
Così la tv francese ha perfino commissionato un documentario sulla loro organizzazione, che uscirà anche in sala (a Parigi prima, poi, a seconda degli acquirenti, nel mondo) domani. Il film di fatto consacrerà Femen fra le espressioni contemporanee.
La televisione in Francia compete con le case di produzioni cinematografiche: i due mondi gareggiano per attribuirsi il ruolo centralizzatore e filantropico, vero business dell’incentivazione culturale. Lì, in Francia, i media amministrano gli eventi collegando per affinità tutte le espressioni emergenti (che vanno dall’arte alle proteste) e reclutando se occorre le personalità pubbliche interessate, e cioè casualmente conforme.
Una perspicacia istituzionale che non ha niente a che vedere con l’associazione libera operata occasionalmente (cioè senza un piano né apposite commissioni) dall’informazione. Un esempio è lo scoop, palesemente artificioso, della profezia di Moretti sulle dimissioni del Papa. Una forzatura edulcorata che rivela però la profonda necessità di una politica culturale preventiva, capace di anticipare i fatti e di rinverdire, quando il caso si presenta, l’immagine dell’Italia.
Perché l’Italia con le sue particolarità culturali, che ospita cioè simboli radicati nel territorio ma di portata universale, non può continuare a lasciare al caso quelle manifestazioni sociali che esistono anche qui ma che, solo con i giusti interventi istituzionali, diventerebbero la consistenza creativa del paese. L’Italia si lascia sfuggire un primato garantito nella competizione culturale internazionale.
Con le Femen intanto, la Francia si mette in avamposto sul fronte libertario, inopportuno in Italia fino alle dimissioni del Papa - un gesto che rimarrà nella storia come un clamoroso putsch operato dall’interno e perciò pieno di significati rivoluzionari. Ma la Francia sta costruendo l’altare della patria dell’ateismo internazionale, proprio mentre questa evenienza sta diventando sempre più visibile nel mondo. Sia gli artisti che i politici si sono sfiniti nelle provocazioni, nella decadenza e nella volgarità perché manca l’istituzione concettuale che ne invaliderebbe le sterili alterazioni.
Nel mondo, soltanto la Francia (in questo caso un po’ trash ma coerente con le sue radici razionali) contrasta il rigurgito globale della trascendenza (dalla Jihad a Scientology). È più di un faccia a faccia tra il sapere e il mistero.
La Francia da secoli prova ad edificare se stessa come l’unica roccaforte anti-religiosa. Ma va detto che per affondare questa retorica nelle coscienze, le Femen hanno avuto bisogno di un segnale forte: la svolta infatti doveva ancora giungere da Roma, culla del Cristianesimo, ceppo a sua volta della civiltà occidentale.
Possiamo dire ora, con il gesto costituzionale di Ratzinger, che la Chiesa come assolutismo mostra i suoi primi cedimenti. L’Italia è il set della mutazione genetica dell’occidente: qui si faranno i conti di questa civiltà.
Via: linkiesta.it
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