Femen: manifestazione contro Berlusconi, film presentato a Venezia

Attivisti di Femen nel corso della manifestazione dei cattolici contro il matrimonio omosessuale.

Attivisti di Femen nel corso della manifestazione dei cattolici contro il matrimonio omosessuale.

Che se ne parli bene o male, l’importante è che se ne parli. Recitava più o meno così Oscar Wilde ed è la filosofia applicata, per un’ideologia radicata, de le Femen. Abbiamo già parlato del fenomeno che sta divenendo l’elemento di “disturbo” di molti politici e che sta attirando l’attenzione su di sé. Si sono spogliate per protestare contro Putin e contro il presidente Yanukovich; oggi rivendicano la propria indignazione contro Silvio Berlusconi, abituato agli scandali e alle proteste. Ciò che sottolinea il gruppo è proprio questo: «è grave che un uomo abbia rapporti sessuali con una minorenne o con delle prostitute. Noi lottiamo contro l’idea che la donna sia considerata solo un oggetto sessuale».

Ciò che caratterizza questo movimento è manifestare a seno nudo, un controsenso costruttivo per coloro che cercano di combattere – come detto prima – la visione della donna come oggetto sessuale. Un gruppo femminista che sta continuando a creare proseliti. La scelta della giovane regista Kitty Green non è un caso. Dal titolo “Ukraine in not a brothel”, il film – fuori concorso alla biennale di Venezia – racconta il movimento e le sue origini. La regista ha vissuto nel covo del movimento: si è conquistata la fiducia delle attiviste tanto da raccontarle verità imbarazzanti. Una di queste – in assoluto la più sorprendente – è che al capo de le Femen c’è Viktor Svyatskiy, un uomo ha dato origine al gruppo femminista. Le sue parole sono state: «Gli uomini fanno di tutto per il sesso, io ho creato il gruppo per avere delle donne e spero che, grazie al mio comportamento patriarcale, loro rifiutino quel sistema che rappresento». Viene sottolineato come molte siano scelte per il piacere dello sguardo, anche se lontane dall’ideologia che rappresentano. Sono attrici nella propria realtà.

Kitty Green l’ha intitolato “L’Ucraina non è un bordello” proprio in virtù del fatto che il suo presidente aveva invitato gli investitori nel suo Paese per “ammirare le sue donne svestirsi”. È un attacco ad un sistema maschilistico, è la dimostrazione che non sono le guerriere che mostrano nel corso delle manifestazioni, bensì sono vittime del sistema che non riescono ad annientare. Come afferma Sasha, attivista del gruppo: «il 99 percento delle ucraine neanche sa cosa sia il femminismo». E continua spiegando come la scelta del nudo è uno strumento pacifico, a forte impatto mediatico, per far risaltare il proprio pensiero. Strategia, questa, che ha portato notevoli investimenti nel movimento, soprattutto da parte di uomini.

Roberta Santoro

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