di Massimo Lauria
A seno nudo contro la durezza delle leggi islamiche della Tunisia, che avevano condannato al carcere non solo le due attiviste francesi Pauline Hillier e Marguerite Stern e la tedesca Josephine Markmann, ma anche la tunisina Amina Sboui, per la quale le tre erano andate a chiedere la liberazione il 29 maggio scorso. Avevano manifestato in topless davanti al ministero di Giustizia di Tunisi, beccandosi una condanna a quattro mesi di galera. "Evviva! Abbiamo vinto!", hanno scritto le attiviste del gruppo ucraino sul sito di Femen, dove sono anche state pubblicate le foto delle tre donne liberate la scorsa notte e rientrate a Parigi intorno all'ora di pranzo. «La nostra pressione ha avuto la meglio sugli islamisti. I nostri seni sono stati più forti delle loro pietre», è scritto sul sito del gruppo. Anche se «è troppo presto per rilassarsi, la nostra attivista tunisina Amina è ancora in galera. Solo la nostra pressione sulle autorità tunisine potrà liberarla. Ci saranno milioni di Amina! Amina libera!».
«Una vittoria storica per la difesa, malgrado le enormi pressioni esercitate dall'opinione pubblica e dai gruppi islamici», ha dichiarato Sohaib al-Bahri, l'avvocato delle tre attiviste di Femen, commentando la scarcerazione delle sue assistite da parte della Corte d'appello di Tunisi, che ha sospeso la pena a quattro mesi comminata in primo grado. Una sentenza storica, anche perché la Tunisia sta facendo dei giganteschi passi indietro nel campo delle libertà - secondo al-Bahri -. Di processo politicizzato e di sentenza scandalosa parla, invece, l'avvocato Monaim al-Turki, che rappresenta alcune associazioni islamiche istituitesi parte civile nel processo alle tre attiviste. Secondo l'avvocato la magistratura tunisina non sarebbe ancora pienamente indipendente. Anzi, le pressioni internazionali - a suo parere - hanno fatto in modo di cambiare i giudici della Corte d'appello, creando un precedente pericoloso per il futuro.
Le tre militanti Femen Pauline Hillier, Marguerite Stern e Josephine Markmann sono state accolte, al loro arrivo all'aeroporto parigino di Orly dalla leader del gruppo femminista, Inna Shevchenko, e dal loro avvocato Patrick Klugman. Mentre Sarah Costantin, una delle loro compagne ha commentato: «Le abbiamo accolte e abbracciate. Sembrano molto stanche, ma l'essenziale è che siano qua. Abbiamo vinto una battaglia - ha detto - ma fintanto che Amina resterà in prigione continueremo a batterci». La femminista tunisina è in carcere da metà maggio, rea di aver pubblicato su Fb una sua foto a seno nudo con una scritta sul corpo: «Il mio corpo mi appartiene e non è l'onore di nessun uomo», e per aver scritto la parola Femen sul muretto esterno di un cimitero della capitale. Sulla vicenda della liberazione delle tre è intervenuto anche il governo francese, attraverso la portavoce Najat Vallaud-Belkacem: «Condividiamo il sollievo delle famiglie», è stato il commento.
Via: globalist.it
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