Il cinema in movimento

Che cosa è Il cinema in movimento? Una rubrica dedicata alle trasformazioni del cinema nell'epoca dei new media e alle riflessioni che si possono trarre dalle novità in atto.

In questi giorni si sta svolgendo a Bologna il Biografilm Festival, una manifestazione unica in Italia che raccoglie entusiasmi e consensi perché presenta film e documentari (oltre che incontri e approfondimenti) dedicati ai racconti di vita. Questo approccio biografico, variamente interpretato dal direttore Andrea Romeo e dai suoi selezionatori, può declinarsi nella storia di persone comuni oppure in quella di figure più note, ma di cui non abbastanza si conosce contesto e cultura.

Per esempio, la proiezione di Femen - L'Ucraina non è in vendita, impreziosita dalla presenza della regista Kitty Green e di due attiviste del gruppo, ha permesso (e permetterà a chi lo vedrà in sala o in DVD) di capire di più e meglio della causa sostenuta dalle ragazze ucraine, delle contraddizioni teoriche del movimento, del controverso uso del proprio corpo da parte delle protagoniste e dello scacchiere ex-sovietico dove poi - dopo la fine delle riprese - si è scatenata la rivolta di cui tuttora seguiamo gli strascichi.

Il film è sicuramente imperfetto, e non sempre equilibrato, eppure vedendolo ci si accorge una volta di più del ruolo che in questi anni sta assumendo il cinema, specie documentario. In Italia, ma non solo, assistiamo a un ripiegamento ossessivo sulle vicende della politica nazionale e della cronaca interna. I telegiornali sembrano relegare gli avvenimenti internazionali, persino quelli più drammatici, in coda alle quotidiane disamine degli scontri parlamentari o delle dichiarazioni dei leader di partito; persino le frasi più occasionali vengono esaminate e dissezionate al microscopio da infiniti talk show che riempiono i palinsesti.

Il racconto di quel che succede nel mondo (una pratica che permette di sprovincializzare l'opinione pubblica e di ricordarci che non esistiamo solo noi sul pianeta) è ormai affidata a pubblicazioni specifiche - pensiamo a un settimanale di grande seguito come Internazionale - o a sporadici approfondimenti televisivi a tarda notte.

Ebbene, è il cinema che si sta incaricando in questi anni di sostituirsi all'informazione, e a mescolarsi al sistema di you-journalism che - inevitabilmente - finirà col sopperire alle miopie degli organi maggiori. In pochi mesi, per conoscere meglio la Primavera araba, i movimenti del dissenso in Russia, il dietro le quinte del narcotraffico tra Messico e Stati Uniti, il sistema penitenziario americano, il neonazismo europeo, la crisi della Grecia, i servizi segreti israeliani, la vita dei fotografi di guerra, le crisi della Federal Reserve, il crollo economico di intere metropoli come Detroit, e tanto altro ancora, ci siamo affidati più ai film che non ai media informativi. E molti di questi titoli sono e saranno in grado, in futuro, di spiegare meglio ai posteri quel che è successo rispetto agli archivi televisivi e informativi dell'epoca.

Ovviamente, c'è una contraddizione: come valutare queste opere? Qualitativamente o da un punto di vista meramente informativo? Quali documentari accedono a una dimensione estetica e quali solamente a quella contenutistica e testimoniale? Urge una riflessione audiovisiva ampia e circostanziata, che gli studiosi stanno cominciando a produrre.

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Via: mymovies.it


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