di Francesca Zappa
Cari media vi capisco. In genere le Femen con le loro tettine aiutano il lettore a superare il vuoto pneumatico dell'informazione camomillosa, quindi tirano clic e incuriosiscono con le loro azioni di provocazione. Azioni che hanno sempre un grande rilievo anche se rilevo che mai, dico mai, sono indirizzate contro il razzismo, lo sfruttamento dei lavoratori, la disuguaglianza sociale, insomma contro i padroni veri della giostra. Due coriandoli lanciati a Draghi non assolvono da una costante azione che provoca ma non smuove un capello. Attacca gli integralismi religiosi, il moralismo esasperato, i dittatori sanguinari, ma non un gesto contro il fanatismo del capitalismo, contro il sistema che non ha bisogno delle religioni perché è intrinsecamente una religione, quella del neoliberismo, in cui il padrone è intoccabile e il servo non può che distrarsi.
Questa volta, in onore di Rouhani si sono impiccate per denunciare la pena di morte in Iran e per non essere da meno e rendere apprezzabile la protesta, non hanno mostrato il seno ma la bandiera americana. Ah, non era americana? No, era iraniana. Poco male. Di pena di morte si tratta. E bisogna essere ferocemente contro la pena di morte e per la libertà. In Iran, in Turchia, in Cina, in Israele e negli Usa. Con una coerenza che il maquillage dell'informazione non contempla più. Quindi tutto fa spettacolo. Tutto è provocazione e dissenso, soprattutto se la provocazione e il dissenso vanno solo a rafforzare lo spettacolo generale del sistema che viviamo. Fatto di ingiustizie planetarie, gente che muore sul serio di fame e di viaggi disperati. Mai che la sceneggiata metta in dubbio sul serio l'ingiustizia sociale.
Così va il mondo. Anche se io delle loro foto a tette al vento ne amo particolarmente una, quella in cui un vecchio tenta di prendere a calci il deretano della ragazza a poppe fuori. Non so perché, ma mi diverte.
Via: globalist.it
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