L’ex Femen tunisina Amina Sboui, nota come Amina Tyler, blogger e attivista, è stata aggredita e insultata a Parigi. Cinque uomini l’hanno avvicinata, minacciandola e coprendola di insulti, per poi rasarle capelli e sopracciglia, in segno di sfregio. Ecco quanto denunciato dalla giovane tunisina nelle scorse ore via social network. Denuncia pubblicata su Facebook e corredata da selfie d’ordinanza.
“Mi hanno rasato capelli e sopracciglia dicendomi che non merito la bellezza che mi ha dato Allah. Mi hanno detto brutta puttana, ti stupriamo e Allah ci ringrazierà per questo”. Ecco le parole riportate da Amina sull’accaduto. Erano le cinque di domenica mattina, a Parigi e, più precisamente, alla stazione della metro di Clichy, Pigalle, quando cinque uomini l’hanno aggredita.
Uno sfregio evidente. Minacce e insulti, di nuovo, per l’ex Femen, Amina Soui, la tunisina che è stata arrestata e ha passato due mesi e mezzo in carcere nel 2013 per aver scritto sul muro di un cimitero tunisino la scritta Femen.
Amina Tyler è libera
05/08/2013
Amina Tyler, l’attivista tunisina di Femen in carcere da maggio, è finalmente libera. La ragazza è diventata negli ultimi mesi un’icona per tutte le donne e il simbolo della protesta contro l’integralismo islamico. “Adesso è con la famiglia e spero che sia al sicuro”, ha detto il suo avvocato, Ghazi Mrabet. La blogger ventenne era stata presa di mira dagli integralisti dopo aver diffuso delle foto a seno nudo in cui protestava contro una società ancora maschilista basata spesso sulle violenza contro le donne.
Ricordiamo che la ragazza era stata arrestata il 19 maggio scorso a Kairouan, nel nord del Paese e accusata di detenzione di gas paralizzante e di “profanazione di tombe” per avere scritto la parola “Femen” sul muro di un cimitero. La giovane Amina non ha mai avuto e dimostrato paura e ha sempre sostenuto con forza le due idee.
Amina Tyler si toglie il velo davanti al giudice
Durante il processo la 18enne Amina Tyler, blogger tunisina che lotta per i diritti delle donne, si è tolta il velo davanti al giudice in segno di libertà ma anche per sfidare le vecchie tradizioni maschiliste del suo Paese contro le quali si sta battendo da tempo. Senza paura in aula la ragazza si è sfilata dal capo il “sefseri“, ovvero il tipico velo tutte le donne tunisine devono indossare in carcere, per sfuggire agli sguardi indiscreti. Si tratta del processo d’appello in cui è imputata Amina Tyler, 18 anni, per detenzione di gas paralizzante: in prima istanza la ragazza è stata condannata a 300 dinari di multa ed ora si attende la sentenza del prossimo 11 luglio. In realtà questa giovane donna è vittima di una vera e propria persecuzione semplicemente per aver lottato e per continuare a volersi battere per i diritti delle donne. Durante il processo, fuori dal tribunale erano presenti molti sostenitori del Comitato FreeAmina oltre ad attivisti di associazioni come Amnesty International, Organizzazione Mondiale Contro la Tortura, l’Associazione delle donne democratiche tunisine. Amina è infatti una blogger tunisina che lotta per i diritti delle donne e per la loro libertà, suscitando spesso l’ira dei più conservatori.
La lotta di Amina per fermare la violenza sulle donne
“Sono molto fiero – ha fatto sapere il padre di Amina – i giovani hanno iniziato a sostenere Amina, hanno capito che ha subito un processo politico, che non ha fatto niente, non si è svestita, non ha profanato alcun cimitero, è andata Kairouan per dire che la ‘Tunisia è uno Stato civile dove le donne sono libere’”. Il mondo piano piano si sta accorgendo di lei e della condizione ancora disastrosa delle donne in Tunisia: “La detenzione di Amina è una detenzione arbitraria – spiega Radhia Nasraoui, avvocatessa tunisina, attiva contro la tortura e nella difesa dei diritti dell’uomo – non doveva essere arrestata non ha commesso alcun crimine e alcuna infrazione alla legge. Il dossier che è attualmente dal giudice Istruttore, al Tribunale di prima istanza di Kairouan, è vuoto. Ma, nonostante questo, vede tre capi di imputazione: attentato al pudore, che non è vero perché Amina non si è svestita; profanazione di cimitero, anche questo non è vero; ma la cosa più rivoltante è l’accusa di appartenenza ad un’associazione di ‘malfattori’ che ha come obiettivi di portare a termine delitti contro cose o persone. Trovo che questa ultima accusa sia scandalosa. Amina è sola in questo dossier, non appartiene ad alcun gruppo, nemmeno a Femen, ha detto che non appartiene a quel movimento. Tuttavia anche se appartenesse al movimento Femen, non è un movimento che ha l’obiettivo di danneggiare persone o cose. E’ un dossier che mi ricorda il periodo Ben Ali, quando venivano creati dei processi e delle cause ad hoc solo per gli oppositori politici”. Anche secondo l’avvocato Halim Meddeb, attivista dell’associazione per i diritti dell’uomo e dell’Associazione mondiale contro la tortura non ci sarebbe una sola prova contro Amina. Trattata come una pericolosa criminale, Amina però, ancora una volta, ha voluto dare un esempio, un gesto di speranza non solo per lei ma anche per tutti le donne per le quali lotta e si batte.
2014-07-08
Francesca Bottini
Martedì 08/07/2014 da Francesca Bottini
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Via: pourfemme.it
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