Putin a Kyiv, tra le accuse delle Femen e pressioni su Yanukovich




Kyiv, 29 lug. (TMNews) - Ci sarebbe nientemeno che lo zampino di Vladimir Putin dietro intimidazioni contro le attiviste di Femen, bloccate alla vigilia delle manifestazioni nella capitale ucraina lo scorso fine settimana in cui la chiesa ortodossa ha celebrato il 1025esimo anniversario della cristianizzazione della Rus di Kyiv. I servizi segreti ucraini e russi avrebbero complottato per impedire alle femministe di manifestare il dissenso contro la visita del presidente russo e del patriarca Kirill e anche il recente pestaggio di Viktor Sviatsky, uno dei pochi uomini che ruotano intorno del movimento delle amazzoni, sarebbe stato ordinato dall'alto. Tutto questo almeno a sentire Hanna Hutsol, leader delle femministe ucraine, che dopo il turbolento weekend in cui un paio delle sue colleghe sono finite in gattabuia ha parlato di "chiare impronte", dietro cui si riconosce il marchio dell'intelligence postsovietica.

Difficile pensare in realtà che Viktor Yanukovich, e tanto più Vladimir Putin - attaccato dalle Femen a Berlino accanto alla cancelliera Angela Merkel, era parso tutt'altro che turbato dalle prosperose contestatrici - si siano preoccupati di sguinzagliare gli 007 per difendersi dalle ineffabili ragazze sempre alla ricerca di un nuovo palcoscenico. La stessa Hutsol ha condito il suo attacco con qualche forse e qualche condizionale di troppo.

La trasferta ucraina del presidente russo ha lasciato strascichi tra Kyiv e Mosca più per l'ennesimo atto di pressione a livello politico da parte del Cremlino che non per le vicende delle Femen che trovano spazio sui media di mezzo mondo, ma che da queste parti non vengono prese troppo seriamente. È invece all'ordine del giorno l'aspetto politico della questione, e cioè la volontà russa di riportare l'Ucraina nella propria sfera d'influenza facendola deviare dal cammino verso l'integrazione europea che potrebbe concretizzarsi il prossimo novembre a Vilnius se tra Kyiv e Bruxelles verrà siglato l'Accordo di associazione.

Putin, ricordando le comuni radici religiose, culturali e storiche di Russia e Ucraina, ha invitato per l'ennesima volta Yanukovich a soppesare bene le scelte strategiche per il futuro, sottolineando come Kyiv potrebbe beneficiare dell'ingresso nell'Unione doganale euroasiatica "perché c'è forte concorrenza sui mercati globali e solo unendo le forze possiamo essere competitivi e vincere questa difficile sfida".

Il capo di stato ucraino da parte sua, che in questi mesi ha sempre dato dimostrazione di voler resistere alle offerte del Cremlino, anche in questo caso non si è sbilanciato molto. Dopo le celebrazioni religiose di sabato a Kyiv, i due presidenti si sono ritrovati anche ieri a Sebastopoli per i festeggiamenti congiunti delle rispettive flotte e dalla Crimea Yanukovich ha ribadito la volontà di proseguire in una partnership strategica con Mosca, ma non ha chiuso la porta verso l'Europa.

Se l'opposizione ha colto l'occasione per denunciare comunque le interferenze russe e Arseni Yatseniuk si è scagliato contro la base della marina russa in Ucraina, definendo la scelta di prolungare l'accordo sottoscritto tre anni a fa a Kharkiv per la permanenza sino al 2042 un grave errore, il duello tra i presidenti continua. Secondo il politologo Sergei Parkhomenko, direttore del centro per gli studi di politica estera Opad, Putin non è ancora riuscito a convincere Yanukovich a cambiare strada e nessuno sembra volere recedere dalle proprie posizioni.

I prossimi mesi saranno in ogni caso decisivi, anche perché l'Unione Europea ha continuato a ripetere che senza Yulia Tymoshenko in libertà è impossibile la firma dell'accordo di associazione a Vilnius entro la fine dell'anno. Per Parkhomenko in autunno la Russia tornerà alla carica con un asfissiante lavoro di lobby; lo scopo è quello di evitare che Kyiv imbocchi una via che suonerebbe come una sconfitta per le ambizioni di Putin e il progetto dell'Unione Euroasiatica che senza l'Ucraina sarebbe incompleto.



Via: tmnews.it


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