Russia, Putin presidente al 1° turno

MOSCA - Russia al voto per eleggere il suo nuovo presidente. Secondo un primo exit poll dell'istituto demoscopico Vtsiom, il premier Putin vincerebbe al primo turno, senza quindi andare al ballottaggio, con il 58,3% dei voti davanti al leader comunista Ghennadi Ziuganov che ha raccolto il 17,7%. Anche i primi dati parziali, dopo che è stato scrutinato il 14,5% dei seggi, danno Putin vincente con il 61,8%. Nelle presidenziali del 2004 Putin aveva conquistato il 71,3%.

Fan di Putin in piazza. L'agenzia Itar-Tass riferisce che dopo i primi risultati oltre 100mila sostenitori di Putin si sono radunati per festeggiare la vittoria al Maneggio, sotto le mura del Cremlino, dove è stato organizzato anche un concerto. Putin, arrivato al Maneggio insieme al presidente Medvedev, è scoppiato in lacrime. «Ho promesso di vincere - ha detto dal palco - e noi abbiamo vinto in una lotta aperta e onesta».

Leader comunista: elezioni illegittime. Il leader comunista Ziuganov ritiene che le presidenziali di oggi, nelle quali risulta per ora secondo, non siano state legittime. «Io non posso riconoscere queste elezioni come oneste, libere e dignitose» ha detto in diretta tv, aggiungendo di non voler fare gli auguri a nessuno.

Il magnate Prokhorov: elezioni disoneste. L'oligarca Mikhail Prokhorov non ritiene oneste le presidenziali nelle quali era candidato, ma ha detto di aver accettato di «giocare con le regole altrui» per far conoscere all'opinione pubblica le proprie vedute e creare una base per il suo nuovo partito. Il magnate spera di superare il 10%.

Gorbaciov: i risultati non riflettono gli umori reali. L'ex presidente dell'Urss, Mikhail Gorbaciov, dubita del risultato delle presidenziali. «Ci sono grandi dubbi - ha detto - che il risultato del voto rifletta gli umori reali della società. Tuttavia se non ci sono prove documentali delle falsificazioni di massa è difficile parlarne».

Affluenza in calo rispetto al 2008. L'affluenza alle urne è stata del 63,37%. Nelle presidenziali del 2008 si era attestata al 69,7%.

Vittoria annunciata. Già alla vigilia nessuno dubitava che al Cremlino tornerà per la terza volta il premier Vladimir Putin, con un mandato allungato a sei anni, senza bisogno di andare al ballottaggio con uno dei suoi quattro sfidanti. Lo dicevano tutti i sondaggi, con una forbice tra il 58% e il 66%, superiore a quando Putin fu eletto la prima volta nel 2000 (53%) ma inferiore al bis del 2004 (71%) e alla popolarità raggiunta a fine mandato nel 2008 (oltre il 75%), quando la sua stella raggiunse il massimo dello splendore.

Segnalazioni di brogli. Diversi osservatori delle presidenziali hanno segnalato a Mosca diversi episodi di "caroselli elettorali", cioè gruppi di elettori trasportati insieme a bordo di pullman per votare in più seggi. Uno dei casi è stato denunciato nel seggio dell'aeroporto di Vnukovo, dove tra i votanti si era infilato anche un cronista del giornale on line Gazeta.ru. Sul web girano parecchi video che documenterebbero tale prassi. Oltre a questo, i rivali di Putin, insieme all'Ong Golos e agli osservatori del partito Iabloko, hanno denunciato vari episodi di brogli e di irregolarità. Da un giro in alcuni seggi della capitale, l'Ansa ha constatato che la segretezza del voto non è così blindata: le cabine non sono chiuse completamente dalle tendine, mentre molti elettori infilano la scheda aperta nelle urne trasparenti lasciando intravedere la loro preferenza.

Webcam nei seggi. Le presidenziali di oggi sono le elezioni più monitorate della storia russa, con tecnologie inedite, dalle controverse webcam a Iphone e Ipad che utilizzeranno le reti sociali. I candidati nella corsa al Cremlino e le organizzazioni pubbliche hanno già mobilitato oltre 500mila osservatori.

Blitz delle attiviste di Femen. Per protestare contro Putin, tre attiviste del movimento femminista ucraino Femen si sono spogliate nel seggio di Mosca dove ha votato il Primo ministro. Le tre si sono spacciate per giornaliste, si sono tolte i vestiti rimanendo in topless e hanno gridato slogan contro il capo del governo.

Putin. Del trionfo è convinto lo stesso capo del governo, che in una recente intervista alla stampa straniera si è detto certo di aver la maggioranza dei russi, anche nelle grandi città e nella classe media, che invece sembra avergli voltato le spalle guidando le proteste di piazza in corso da tre mesi, dopo i brogli delle legislative. Lui però non esclude neppure di ricandidarsi alle presidenziali del 2018, rimanendo così in carica per un quarto di secolo, poco meno di Stalin: «non ci ho ancora pensato», ha ammesso, ricordando altri casi di longevità politica, come quella del cancelliere tedesco Helmut Kohl. È innegabile però che la sua stella abbia cominciato ad offuscarsi e che dovrà fare i conti con il movimento di protesta e con una crisi economica che continua a mordere.

Promesse. Lui ha già promesso che non ci saranno giri di vite ma riforme e dialogo, anche se sembra difficile vederlo seduto a un tavolo, come ha fatto il presidente Medvedev, con i leader dell'opposizione, definiti sprezzantemente in più occasioni «sciacalli», «scimmie», «traditori al soldo dello straniero», complottisti di brogli e addirittura di omicidi eccellenti. E pare arduo inoltre che riesca a lottare davvero contro quella corruzione e contro quegli abusi che alimentano la protesta e hanno trasformato un giovane blogger come Alexiei Navalni in un eroe della piazza e in un potenziale leader dell'opposizione.

Brogli. Per Putin, comunque, il primo ostacolo da superare è il voto, facendosi eleggere in modo legittimo - senza i brogli che hanno screditato le legislative - e con una percentuale che dimostri come la maggioranza del Paese sia ancora con lui: una prova di forza per evitare crepe nell'elite politico-economica che lo sostiene. Anche se il suo rating è in calo, non c'è dubbio che il premier sia ancora l'uomo più popolare, soprattutto nella Russia profonda, tra agricoltori, operai, colletti bianchi, pensionati.

Gli altri candidati. Anche tra i più rassegnati, appare in ogni caso il male minore di fronte agli altri candidati: un leader comunista come Ghennadi Ziuganov che venera ancora Stalin e predica la nazionalizzazione dell'economia, un leader ultranazionalista come Vladimir Zhirinovski considerato un clown della politica, il grigio capo del partito Russia Giusta Serghiei Mironov, l'oligarca Mikhail Prokhorov sospettato di essere una pedina del Cremlino, anche se potrebbe essere la sorpresa di queste elezioni. E a chi contesta a Putin di non essere più «il nuovo che avanza», il premier ricorda che tutti i suoi rivali sono facce degli anni Novanta. Compresi i leader della sempre frammentata opposizione extraparlamentare, a partire dall'integerrimo Grigori Iavlinski, il fondatore di Iabloko escluso dalla corsa presidenziale ma da tempo incapace di trascinare (rpt.trascinare) il partito alla Duma e di tessere alleanze. Certo, l'asfittico sistema politico-elettorale russo, creato nei «laboratori» del Cremlino, non ha consentito finora di far crescere nuovi leader.

Le proteste. Oggi giornata di silenzio, ma da lunedì i manifestanti sono pronti a tornare nelle piazze di Mosca gridando gli slogan anti Putin, anche piantando le tende, già vietate dal sindaco. Il cuore della protesta sarà piazza Pushkin, peraltro autorizzata dal Comune, ma le mura del Cremlino, ad un solo km di distanza, saranno difese dai fan del premier. È uno scenario da rivoluzione arancione, ma nessuno è in grado di prevedere cosa succederà.

Via: ilmessaggero.it


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