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“Una decisione inaccettabile”, per la difesa delle tre attiviste Femen il respingimento della richiesta di scarcerazione da parte del Tribunale di Tunisi è inspiegabile, come la decisione di slittare l’udienza del processo al 12 giugno, per permettere ad alcune associazioni islamiche di costituirsi parte civile. Le militanti del gruppo sono alla sbarra per offesa alla morale islamica e alle tradizioni tunisine, in seguito alla prima manifestazione a seno nudo tenuta nel mondo arabo nel maggio scorso, in solidarietà con l’attivista tunisina Amina, in carcere per avere scritto ‘Femen’ sul muro di un cimitero e per il possesso di una bomboletta di gas lacrimogeno.
Espulsa dalla Tunisia, la leader del gruppo femminista in Ucraina che al ritorno a Kyiv ha così descritto l’intervento delle autorità nei suoi confronti:
“Tre uomini sono entrate nel mia camera d’albergo – ha detto Oleksandra Shevchenko – non ho avuto il tempo di avvisare nessuno, ero praticamente in mutande, non hanno mostrato alcun documento d’identità, non mi hanno detto i loro nomi, solo che li dovevo seguire”.
Il contrasto al gruppo femminista è forte anche online secondo l’attivista: “Ogni giorno questa settimana il nostro sito web è stato sotto attacco non abbiamo potuto lavorarci, e ci hanno informato che questi attacchi provenivano da Algeria e Tunisia”
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