Quattro mesi e un giorno di prigione. Questa la condanna per le tre militanti europee del gruppo Femen disposta ieri dal tribunale di Tunisi al termine del processo intentato contro le attiviste per aver manifestato a seno nudo, il 29 maggio scorso, a sostegno di Amina Sboui, la ragazza tunisina poco più che maggiorenne (attivista a sua volta del gruppo Femen-Tunisia) condannata al carcere per aver scritto "Femen" sul muro di un cimitero nei pressi di Qairawan.
L'accusa: "attentato al pudore"
Il capo di accusa contro le attiviste europee su cui si è basato il procedimento è quello di "attentato al pudore". Le attenzioni della giustizia tunisina non sembrano fare paura alle tre militanti del femminismo radicale, come dimostrano le parole usate dall'attivista tedesca Josephine Markmann per spiegare al giudice le ragioni della loro manifestazione a seno nudo: «Sono venuta il 28 maggio per fare una manifestazione politica e sostenere Amina, ci siamo messe d'accordo via Internet e siamo venute da Parigi». Marguerite Stern- un'altra delle attiviste sotto processo, francese - ha puntualizzando inoltre al giudice che la scelta di scoprire il seno «non è fatta per creare eccitazione sessuale, ma in realtà si tratta di una forma di militanza».
Associazioni islamiche chiedono la costituzione come parti civili
Enorme il clamore e l'attenzione suscitata dal processo. Sono molti infatti gli avvocati di associazioni islamiche che hanno chiesto di costituirsi come parte civile, denunciando senza mezzi termini l'azione dimostrativa delle Femen come un'azione contro l'Islam stesso. Ancora da capire le conseguenze giuridiche del processo e della condanna: secondo gli avvocati difensori di Femen sentiti dai giornali tunisini, l'esecuzione della sentenza potrebbe essere rinviata se il giudice riconosce le associazioni islamiche come parte civile.
Femen pronta a mobilitarsi a difesa delle militanti
Non sorprende allora - come hanno tenuto a sottolineare gli avvocati francesi delle militanti - l'annuncio di una massiccia e «immediata» mobilitazione dell'associazione femminista direttamente a Tunisi in caso di mancato rilascio delle tre militanti «per aumentare la pressione internazionale» sulle autorità locali anche in occasione dell'arrivo di François Hollande, la cui visita a Tunisi è prevista per l'inizio di luglio. Quanto ad Amina – il cui gesto è stato all'origine della manifestazione di solidarietà delle tre militanti Femen - rischia due anni di prigione per profanazione al cimitero, e sei mesi per attentato al pudore. la battaglia dunque, è ancora lunga.
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