VENEZIA. Furbacchione, queste Femen. Dicono e non dicono, accusano e ritrattano, s'indignano e fanno le fusa, si mostrano e non si mostrano. Soprattutto non si mostrano, perché dopo quattro anni passati in giro per il mondo a esibire le tette in nome dei diritti delle donne, oltre a registrare l'inizio di un fisiologico cedimento dei tessuti hanno anche capito che tutto ciò che è dato via gratis si svilisce. Le poppe del movimento femminista di Kyiv sbarcato al Lido per presentare il documentario "Ukraine isnot a brothel" ("L'Ucraina non è un bordello") hanno invece un valore enorme. Sono apparenza e sostanza, ola e grido di battaglia, bandierae pennone: sono l'intero capitale di queste sei ragazze (più la regista Kitty Green)addobbate come Cicciolina, truccate come escort e sospettose come terroriste. Il palcoscenico di Venezia70 è quanto di meglio possano desiderare per far fruttare il loro patrimonio. Lo mostrano con il contagocce, tutte insieme al photocall, a esclusivo beneficiodei fotografi e quindi del loro personale marketing;e non come generosamente avevano fatto agli inizi del movimento, ora contro Putin ora contro Berlusconi, a Berlino e nel gelo di Davos, in un democratico rotear di capezzoli che faceva tanto '68.
Le Femen, compreso che la pubblicità è l'anima del commercio, non hanno saputo però cancellare il peccato originale e cioè quello di avere alle spalle un uomo che le foraggia. Quest'uomo si chiama Viktor Svyatskiy ed è il loro problema. Viktor, infatti, è l'ideologo di Femen ma, come lui stesso ha dichiarato, le donne gli interessano realmente solo per portarsele a letto. Viktor? "Siamo qui al Lido per miracolo e siamo in pericolo di vita _ raccontano ancora palpitanti in conferenza stampa - per questo abbiamo deciso di non ritornare più in Ucraina ma di andare a Parigi dove c'è la nostra sede internazionale. Da lì continueremo la nostra battaglia, anche nei paesi musulmani,contro il sistema patriarcale e maschilista". Sì, ma Viktor?
Ecco, Viktor è l'uomo che senza il quale non esisterebbero perché è lui che ha tirato fuori i soldi per fare di quattro bionde scalmanate un movimento internazionale. "Ci rendiamo conto del paradosso di avere un uomo alla nostra guida ma questa è la realtà della società dalla quale vogliamo scappare" ammettono. La contraddizione di partenza è destinata ad avere conseguenze.
"Ci mostriamo nude perché il nostro corpo non deve servire soltanto per far vendere birra - replicano - Non c'è nulla di volgare o di sessuale nella nostra esibizione. L'oscenità è soltanto negli occhi di chi guarda. E comunque solo se ci mostriamo in questo modo il mondo si accorge di noi". Ecco, questo è il punto. Le Femen sono tutte belle e, certo, Viktorle avrà scelte con estrema cura valutando, oltre alla sodezza del mezzobusto, anche la docilità del carattere e l'attitudine all'obbedienza. L'aspirante attivista bruttina, come illustra il documentario, è stata subito scartata. No topless, no Femen.
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