«Je suis Charlie? No, io sono un vescovo». Si dimette Léonard, la …

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Non gli perdoneranno mai di essersi opposto all’aborto, all’eutanasia e a tutto ciò che che il progressismo individualista è capace di classificare come “conquista di civiltà”. Oggi André-Joseph Léonard, arcivescovo di Malines-Bruxelles, ha compiuto 75 anni e ha di conseguenza inviato a papa Francesco una lettera con le sue dimissioni per raggiunti limiti di età.

GIORNALI FESTEGGIANO. I giornali locali fanno festa perché quest’uomo mite ma deciso, amante della musica e di Georges Brassens, accogliente verso tutti ma incapace di indietreggiare anche solo di un passo rispetto alle sue convinzioni e all’insegnamento della Chiesa, è stato da vescovo per 24 anni una spina nel fianco del Belgio indifferente e relativista.

FRATELLI SACERDOTI. Léonard ha respirato la vocazione al sacerdozio in casa, a Jambes, dove viveva con la madre e i tre fratelli, essendo il padre morto in guerra durante l’invasione del Belgio da parte di Hitler. L’arcivescovo ha scoperto di voler diventare prete a 16 anni, ma a quel tempo uno dei suoi fratelli era già in seminario e anche gli altri due li avrebbero seguiti presto.

«DOLORE E PASSIONE». Già vescovo di Namur per 19 anni, nominato da Benedetto XVI arcivescovo di Bruxelles nel 2010, «città multiculturale, viva e complessa», Léonard ha dovuto affrontare lo scandalo dei preti pedofili, il dramma dell’approvazione dell’eutanasia infantile e la crescita esponenziale dell’estremismo islamico. Tutte queste sfide sono state vissute «con immenso dolore» ma non l’hanno «affaticato», perché «ho fatto tutto con grande passione: essere vescovo è stata un’occasione di missione esaltante», ha affermato in una recente intervista.

«COSTANTE FUSO ORARIO». Come ha detto di lui uno dei suoi detrattori, il teologo Gabriel Ringlet, «Léonard ci faceva sentire come un costante fuso orario. Era sempre là dove non lo aspettavi, quando non lo aspettavi e a parlare di cose che non ti aspettavi. Come quando il giorno di Pasqua ha condannato l’aborto. Questo ha scioccato la gente. È suo diritto pensare quelle cose sull’aborto, ma perché dirle in quel modo proprio il giorno di Pasqua?».
Anche se tanti gli criticano di non aver capito lo spirito della Chiesa dettato da papa Francesco, nella sua diocesi tutti riconoscono che «andava sempre verso i più poveri. Aveva un senso pastorale»: non a caso, da arcivescovo ha moltiplicato le visite a tutte le parrocchie.

«NON SONO CHARLIE»? Ma ci sono certi aspetti del suo magistero che proprio non sono andati giù ai media, con cui aveva «un rapporto di amore e odio». All’indomani dell’attentato di Parigi, quando gli hanno chiesto se si riconosceva nello slogan “Je suis Charlie”, ha risposto: «Io non sono Charlie. Direi al massimo: “Je suis éveque” (vescovo). Tutti noi siamo molto legati alla libertà di espressione, ma come ogni libertà in democrazia, anche questa non è assoluta. Ci sono dei limiti, bisogna tenere conto delle coscienze degli altri. Quando la satira diventa insulto e blasfemia, io credo che non c’entri più niente con la libertà di espressione».

ISLAM E TERRORISMO. Davanti al politicamente corretto, che non consentiva di collegare in nessun modo i terroristi islamici con la religione di Maometto, cercava di spiegare: «Bisogna leggere i testi sacri in maniera intelligente e interpretarli bene, soprattutto nell’islam, considerando il contesto in cui sono stati scritti. Noi stiamo ancora aspettando che gli intellettuali musulmani prendano le loro penne per fare quello che noi abbiamo fatto con la Bibbia».

«RECUPERARE LA NOSTRA IDENTITÀ». Ma sull’aumento dei musulmani in Belgio, rispetto al crollo dei cristiani, Léonard diceva anche: «Oggi la nostra società ha completamente perso i suoi valori. Io spero che noi cristiani, incontrando l’identità forte dei musulmani, possiamo recuperare e approfondire la nostra, portando così di nuovo nella società quei valori indispensabili che si sono smarriti».
A proposito, si è anche opposto con forza all’eutanasia e ha lodato quei vescovi africani che – criticando l’Onu che voleva diffondere nei loro paesi in cambio di aiuti economici aborto e contraccezione – rispondevano: «Tenetevi i vostri soldi, noi ci teniamo i nostri valori!».

ATTACCO DELLE FEMEN. Non c’è da stupirsi perciò se l’arcivescovo di Bruxelles è stato per due volte oggetto di attacchi ignobili da parte delle Femen. La prima volta gli avevano gettato addosso dell’acqua santa e la seconda l’avevano colpito con una torta in faccia. Lui, come tutta risposta, se l’è mangiata e più avanti ha dichiarato: «La torta alle fragole che mi hanno tirato era buona, ma l’attacco delle Femen è stato ancora più piacevole». L’umorismo, insomma, non gli è mai mancato: «Tutti mi considerano arciconservatore», diceva spesso, «e come potrebbe essere altrimenti essendo io arcivescovo?».

PEDOFILIA. Durante i suoi cinque anni nella diocesi di Malines-Bruxelles non gli sono state risparmiate umiliazioni. Nonostante abbia lavorato seriamente per combattere la pedofilia all’interno del clero e prevenirla, a fine aprile è stato condannato a pagare 10 mila euro di danni a un ragazzo, abusato da un prete tra il 1987 e il 1991, per non aver fatto abbastanza. Di questo periodo difficile ricorda: «Lo scandalo ci ha travolti, è stato terribile. Del male è stato fatto ed è abominevole. Abbiamo lavorato bene per prevenire che si verifichi di nuovo e per alleviare le sofferenze delle vittime. In tanti hanno chiesto di sbattezzarsi, anche se ora la situazione è migliorata».

IL FUTURO. Papa Francesco potrebbe rifiutare le dimissioni e prolungare la sua carica di un paio d’anni, altrimenti gli verranno presentati tre nomi, tra i quali sceglierà il nuovo vescovo. Ma Léonard non è impaziente di restare in sella: «Non spero niente, quello che deciderà il Papa, per me andrà bene. Se mi ritirerò, vorrei abitare in un santuario, se possibile. Qui potrei leggere e scrivere, confessare e predicare».

Foto Léonard e Femen Ansa

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Via: tempi.it


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